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La famiglia comunista fra tripudi e amarcord

Finita davvero la resa dei conti?

Ma pochi sono convinti della necessaria pulizia delle antiche incrostazioni da fare

di Elio Di Caprio - 12 maggio 2006

Sono finite le rese dei conti a sinistra dopo l"ultimo strappo di Fausto Bertinotti che costrinse Prodi alle dimissioni nel 1998, assumendosi l"onere e la responsabilità di dividere il centrosinistra fino alle elezioni del 2001? Sembra di sì, tutto passato e perdonato, finalmente tutti contenti, promossi e commossi : si assiste ad una ricomposizione a sinistra, plasticamente visibile nelle figure che ora ricoprono le cariche istituzionali più importanti. Tutti a contemplare, base e vertici della multiforme sinistra, il ritorno orgoglioso alla casa del padre che forse non è mai esistita – tra comunismo, eurocomunismo, via italiana al comunismo, eurosocialismo – se non nell"immaginario di un blocco sociale che si è “antropologicamente” autorappresentato come distinto e distante da altre case o da altre famiglie politiche (salvo poi testardamente dividersi, ad ogni possibile occasione, in lotte intestine continue).
Giorgio Napolitano è nella aule parlamentari dal lontano 1953, ora è stato eletto capo dello Stato. Manca ancora una plausibile spiegazione del perché la candidatura di Napolitano, sicuramente di alto profilo, non sia stata avanzata in prima battuta, ma solo dopo il tentativo fallito di Massimo D"Alema, inutilmente soccorso dal manifesto di programma preparatogli da Piero Fassino con cura machiavellica.
L"antiberlusconismo è riuscito finalmente a compattare le varie famiglie della sinistra – estrema e non – ricompensate e ricompensabili a vario titolo per aver contribuito alla sconfitta del centrodestra nelle ultime elezioni. Ma considerati i numeri in Parlamento e i margini ridotti che hanno dato la prevalenza all"attuale maggioranza, tutte le altre componenti del centrosinistra, da Mastella a Panella, sono state ugualmente determinanti per conseguire il risultato elettorale e attendono di essere ricompensate. Vedremo che succederà.
Sono questi i giochi e le realtà di casa nostra.
Il muro di Berlino è caduto da quasi venti anni, la Russia di Putin viene continuamente attaccata dalle colonne de l"”Unità” per aver espresso un regime oligarchico di faccendieri miliardari, la Cina di Hu Jintao si dichiara fieramente comunista, ma ha iniziato da tempo la sua corsa di avvicinamento al modello capitalista con una classe dirigente non più gerontocratica.
E da noi, proprio in occasione delle recenti nomine istituzionali, ritorna una sorta di nostalgico “amarcord “ su quello che doveva essere e non è stato o è arrivato finalmente e con troppo ritardo, si parla ancora dei “ miglioristi” e dei “riformisti” o degli apostati che per decenni hanno reso vivace il dibattito politico del vecchio Pci. Molti scoprono solo ora che esisteva una destra ed una sinistra all"interno del Pci.
Ma appassionano veramente le nuove generazioni dibattiti quasi preistorici e sottili distinguo che escono dal chiuso delle vecchie famiglie politiche, quando non si riesce nemmeno nel 2006 a tracciare una linea di confine precisa tra il centro destra e il centrosinistra di questo bipolarismo confuso?
Si dice che l"assunzione alla carica più alta dello Stato di un esponente comunista sia stato e sia un avvenimento epocale.
Ma, se si vuole stare al paragone, non è stata più epocale l"ascesa di Vaclav Havel alla presidenza della repubblica Cecoslovacca negli anni "90 dopo essere stato per anni internato dal regime comunista quale capo dei dissidenti di “Carta 77”?
D"accordo, ogni popolo ha la sua storia ed è incontrovertibile che per tutto il novecento il partito comunista italiano ha fatto parte a pieno titolo della storia italiana e di quella del comunismo mondiale.
Ma perchè ritornano ora forme di regressione e interrogativi, talvolta più emotivi che razionali, verso i modelli politici passati ? Forse perché il “nuovo” che avanza in Italia non è veramente nuovo, nonostante i mutamenti sociali dell"ultimo mezzo secolo e gli sforzi dell"attuale classe politica di starvi dietro.
Non per nulla il bipolarismo italiano stenta ancora a trasformarsi in bipartitismo. A sinistra solo Walter Veltroni e pochi altri sono convinti che bisogna fare pulizia delle antiche incrostazioni e camminare decisi alla formazione di un “partito democratico” riformista. Ma chi fa i conti con due partiti che si dichiarano di tradizione comunista e sono determinanti per la sopravvivenza della futura coalizione di governo? A destra il “partito unico dei moderati”, per chiamarsi decentemente tale, deve fronteggiare l"oltranzismo dei leghisti e di parte di Forza Italia, nonché le ambizioni da leader dei maggiori esponenti del centrodestra.
La transizione è lunga. Per il momento accontentiamoci di un Romano Prodi senza partito intento a pagare i primi prezzi ai partiti della sua eterogenea coalizione pur di mantenerla coesa e di un Silvio Berlusconi indebolito, ancora capo dell"opposizione, ma insidiato dai primi scricchiolii di un centro-destra non più unito dal collante del potere centrale.

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