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Le incognite del bipartitismo immaginario

Fine o trionfo della destra?

La gara surreale con Veltroni che capeggia la “non- sinistra”

di Elio Di Caprio - 01 aprile 2008

A Calderoli, a Bossi e a quelli della Lega Nord che continuano “ad avercelo duro” fa ora da sponda folkloristica la dura e pura Daniela Santanchè, ex AN, che capeggia La Destra vantandosi di condurre il “suo” popolo alla protesta con la bava alla bocca - altro che turarsi il naso - ma la sua segreta speranza è di avere domani i numeri elettorali per condizionare Berlusconi e il suo PDL dato per vincente.

E" questa la destra italiana (o quel che ne rimane) o è quella del Cavaliere, l"unica possibile come sembra di aver capito da tempo il claudicante Umberto Bossi? Bel dilemma che aggiunge confusione a confusione nell"inestricabile puzzle italiano che dopo 15 anni ha ancora come personaggio principale quel Silvio Berlusconi che ha rotto l"incantesimo della Prima Repubblica ed ora si ripropone come riformatore indispensabile della Seconda, già fallita.

Chi è di destra e perchè in una situazione così fluida che induce i giornali stranieri a prevedere un futuro governo “Veltrusconi”? E" destra immaginaria o reale quella che si presenta all"elettorato, unita e insieme divisa? E" l"esatto pendant critico della sinistra italiana, troppo a lungo culturalmente egemone, spiazzata e sempre alla rincorsa ora delle ali estreme, ora dello stesso centro destra. In un"epoca che ha messo da parte tutte le illusioni ideologiche non ha vinto la destra in sé, ammesso che di questa si possa dare una definizione senza incertezze, ma la non-sinistra. O forse ha vinto finalmente il realismo. Senza ideologie di riferimento dovrebbe essere più facile trovare una sintesi tra gli interessi contrapposti, visto che sui problemi ordinari eguali per tutti si può scegliere senza paraocchi. Ma non è così.

Il “governo del fare” è diventato a parole uno slogan valido tanto per Berlusconi che per Veltroni. Nessuno ci crede più al governo del fare e dei programmi se la classe politica nel suo insieme non è riuscita negli ultimi anni nemmeno a “fare” negli ambiti suoi propri, non ha ridotto il numero ridondante dei parlamentari, non ha ridotto gli enti inutili, non ha ridotto la spesa pubblica. Cosa è mancato e manca ancora, il senso dello Stato, il senso della Nazione, il senso del bene collettivo? O sono questi vecchi concetti a cui neanche la destra crede più?

La realtà è che sono mutati i corpi sociali di riferimento, a destra come a sinistra. Il fenomeno della società “liquida” è comune a tutta Europa e forse all"intero Occidente, ma in Italia si accompagna a contraddizioni ancora più visibili e dirompenti. Il corpo sociale della sinistra è una classe operaia che vota anche a destra ed è piena di immigrati con poche protezioni. Il corpo sociale di riferimento della Lega Nord -e ora anche del siciliano Movimento per le Autonomie- è quello strettamente locale e regionale. Quello del PDL è (o dovrebbe essere) solo ed esclusivamente nazionale, il medesimo per l"ex Forza Italia e per l"ex AN, il medesimo per la mini formazione eccentrica della Destra di Storace.

Come si vede neanche a destra si è e si va compatti, il collante residuale è la politica comune anti immigrazione strillata con varie gradazioni che rischia però di deviare su un binario falso e irrazionale il delicatissimo problema della nuova convivenza sociale: bisogna pur sempre fare i conti con la mano d"opera importata che già dà un contributo indispensabile alla misera crescita del nostro prodotto interno lordo. E allora destra perchè e come? Per sollecitare i riflessi condizionati anticomunisti e costruirvi sopra nuove fortune elettorali così come veniva fatto impudentemente con l"antifascismo della Prima Repubblica? Non è più tempo.

Nelle fabbriche di tradizionale roccaforte delle sinistre lo scontento e l"inganno inducono a guardarsi attorno in cerca di altri appigli e altri aiuti oltre i vecchi sindacati diventati emblemi di conservazione più che di progresso. Del resto se persino Walter Veltroni auspica la collaborazione tra capitale e lavoro mettendo emblematicamente nelle sue liste imprenditori e operai, se parla della sicurezza delle classi disagiate e non della sicurezza universale, se il Ministro degli Esteri Massimo D"Alema va oltre l"ombrello protettivo NATO invocato in altra epoca da Enrico Berlinguer per l"Europa sotto ricatto sovietico e riconosce che gli USA possono essere criticati ma mai sconfessati, se nessuno si sognerebbe di gridare “precari di tutto il mondo unitevi”, una sorta di mini rivoluzione culturale si è verificata nel senso comune ai più. Anzi una rivoluzione più che una mini rivoluzione dopo i lasciti emozionali di un partito comunista che in Italia è stato il più forte dell"Occidente. Ora tutti parlano di merito, anche Veltroni, e non di eguaglianza. Ha vinto in questa fase storica la non- sinistra e ciò può far piacere o rattristare.

Ma non per questo il quadro è più chiaro. Chi è il vero punto di riferimento sull"altro fronte tra Berlusconi, Bossi, Fini o Storace? Anche per questi motivi la transizione italiana non è destinata ad esaurirsi in tempi brevi a favore di un bipartitismo di nuovo conio, chiaro e senza equivoci.

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