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Negli ultimi 10 anni crescita media dell’1%

Facciamo ripartire i consumi

I punti cardine per rilanciare la domanda e rompere le dinamiche che portano al declino

di Filippo Tozzato - 13 settembre 2005

Nella pessima congiuntura economica che sta attraversando il Paese, penso sia difficilmente smentibile affermare che uno dei temi più attuali, spinosi e complicati da affrontare in modo oggettivo ed efficace sia quello legato al problema del rilancio dei consumi.

Prima di affrontare però tale argomento è necessario a fare alcune considerazioni sullo stato di salute attuale dei consumi.
Proviamo allora, tanto per aggirare la scontata freddezza che si riscontra quando si cerca di affrontare queste tematiche, a fare un semplice gioco elencando quali sono le principali variabili che incidono sulle decisioni di spesa delle famiglie e associando ad esse, la dinamica di tali variabili nell’ultimo biennio:

1 – Reddito disponibile => modesto sviluppo
2 – Ricchezza accumulata => decrescente (soprattutto finanziaria)
3 – Clima di fiducia => ai minimi storici
4 – Aspettative future => ai minimi storici
5 – Tempo per consumare => chi ha il tempo per consumare spesso non ha le risorse per farlo e viceversa

I risultati di questo gioco, non sembrano essere per niente incoraggianti. La realtà quindi è che siamo di fronte ad un Paese (per la verità da questo punto di vista siamo in buona compagnia), nel quale la domanda interna, è una domanda per molti aspetti matura, per non dire satura e che non riesce di fatto ad essere il combustibile nel motore dell’economia del Paese.
Questo aspetto è evidente se si considera che la crescita reale (quindi al netto dell’inflazione) dei consumi negli ultimi dieci anni è stata sostanzialmente sull’ordine dell1%.
In particolare, gli incrementi di spesa in alcune categorie sono stati controbilanciati dalla diminuzione di altre, ciò conferma che in paesi come il nostro siamo di fronte a consumi di sostituzione più che a consumi incrementali.

In realtà, per poter sperare in forti incrementi di consumo, senza dover ricorrere a misure straordinarie che in seguito proveremo ad elencare, si dovrebbe assistere a:
1 – forti crescite demografiche (invece come è noto in Italia abbiamo un popolazione che sta progressivamente invecchiando);
2 – migrazioni verso condizioni accettabili di consumo delle fasce della popolazione che si trovano ancora in uno stato economico disagiato.

Tuttavia, in entrambi in casi stiamo parlando di problematiche che riguardano il welfare e che magari affronteremo in un prossimo intervento.

Non essendo quindi in grado di soddisfare nessuna delle due condizioni appena citate, anche se almeno quella al punto 2 è senza ombra di dubbio un obiettivo che l’ottava potenza economica mondiale dovrebbe porsi, dovremo necessariamente tenerne conto cercando di sforzarci di perseguire altre strade, come vedremo in seguito, per sostenere i consumi interni.

Per terminare questa veloce panoramica sullo stato di salute dei consumi nel nostro Paese torniamo ad un argomento già affrontato in un mio intervento precedente: i consumi commercializzabili.
In quella sede infatti si era detto che, fatto cento i consumi delle famiglie all’interno di ogni anno, la loro composizione attuale era data all’incirca da:

40% CONSUMI COMMERCIALIZZABILI (Alimentari, Durevoli, Tessile, ecc)
27% CONSUMI OBBLIGATI (Affitti, Gas, Luce, Acqua, Sanità, Istruzione, Trasporti, Previdenza, Assicurazione, ecc)
34% ALTRI CONSUMI (Turismo, Alberghi, Ristoranti, Sport, Spettacoli, Telefonia, ecc)

In particolare si è assistito negli ultimi anni ad una migrazione (direi proprio una sostituzione) dai consumi commercializzabili, verso le altre categorie di consumi e tale trend probabilmente fino ad oggi non è stato opportunamente considerato dalle imprese industriali e commerciali.
Questo in sintesi è ciò che era già stato detto nel mio precedente intervento; l’aspetto ulteriore, emerge considerando che la dinamica di prezzi negli ultimi anni di queste categorie è stata molto differente.
Scendendo nello specifico, possiamo affermare che i prezzi legati ai consumi obbligati e agli altri consumi sono cresciuti molto più velocemente rispetto a quelli legati ai consumi commercializzabili.
Se poi consideriamo che, almeno per i consumi obbligati siamo di fronte a produttori che erogano servizi in mercati protetti dalla concorrenza (spesso si può parlare di veri e propri monopoli di fatto), non è assurdo pensare che una dinamica inflativa in questi settori più che proporzionale rispetto alla dinamica inflativa dei settori commercializzabili, è da attribuire alla pessima abitudine di scaricare le proprie inefficienze sul consumatore finale.
In altre parole, possiamo affermare che di fatto, le aziende che operano in questi mercati protetti rappresentano una specie di “core business” dell’inflazione italiana.

Terminata questa veloce panoramica fatta di poche luci, ma soprattutto di molte ombre sullo stato di salute attuale dei consumi passiamo ad alcune proposte su cosa si potrebbe fare di concreto per migliorare l’attuale situazione.

Innanzitutto si dovrebbe ragionare contemporaneamente sia con un‘ottica di rilancio a breve (ma che necessariamente deve creare anche delle aspettative di incrementi moderati) sia di rilancio a medio lungo termine, con relative migliori aspettative per degli effetti più sostanziosi ma che dovrà prevedere anche maggiori investimenti.

Predisporre attività con effetti di breve periodo sulla dinamica dei consumi, vorrebbe dire in altre parole, continuare sulla strada intrapresa nell’ultimo decennio, con l’attivazione di incentivi specifici (quale ad esempio la rottamazione per auto e moto) o incentivi semi specifici (come le ristrutturazioni edilizie con gli annessi sgravi fiscali) fino alla recente modesta riduzione a pioggia delle tasse.
In tutti questi casi siamo stati in presenza di attività che hanno avuto alterni successi, ma che soprattutto a livello generale hanno portato risultati non duraturi nel tempo. Si tratta comunque di strumenti che possono essere validi per sostenere settori specifici ma da utilizzare nell’ambito di attività di più ampio respiro e prospettiva.

Per rilanciare i consumi in modo più duraturo e significativo si potrebbe, peraltro riprendendo quanto già proposto in un’analisi svolta qualche anno fa da Indicod in collaborazione con l’università Bocconi, percorrere tre strade:

1 – Recupero di efficienza in alcuni settori che offrono i cosiddetti servizi obbligati.
Come già accennato poco sopra, questo tipo di attività da realizzarsi attraverso un reale piano di liberalizzazioni/privatizzazioni dei più importanti mercati di servizi per i cittadini (luce, acqua, gas, ecc…ma anche alla luce dei recenti fatti di cronaca finanziaria il settore bancario), porterebbe ad una sensibile riduzione dei costi per le famiglie ed è realistico pensare che tali nuove risorse liberate verrebbero ri-destinate dalle famiglie al consumo.

2 – Miglioramento della capacità attrattiva e dell’efficienza del sistema turistico nazionale.
Dato per scontato che questa non è la sede più adatta per produrre l’elenco del patrimonio artistico presente nel nostro Paese, è possibile però affermare che di certo siamo di fronte ad un patrimonio inestimabile, che di fatto oggi viene valorizzato pochissimo rispetto alle potenzialità presenti. Possiamo altresì affermare che se il nostro sistema industriale è in crisi (per le note difficoltà delle nostre aziende a competere nell’economia globale) il patrimonio artistico che possediamo è inimitabile e potrebbe potenzialmente diventare la prima industria del Paese.
Tale attività consentirebbe inoltre di attrarre nuovi consumatori, seppure temporanei; rientrerebbe poi tra gli obiettivi da perseguire la corretta pianificazione e gestione di tali flussi in modo che questi “consumatori aggiuntivi” siano stabilmente presenti nel nostro Paese.
In questo settore è emblematico l’esempio di ciò che è stato fatto in Spagna negli ultimi anni, dove è il Ministero dell’Economia che esercita un’attività di indirizzo e di governo sul settore turistico, e dove esiste un piano pluriennale di marketing e di sviluppo del turismo nazionale gestito dall’Istituto del turismo spagnolo in collaborazione con gli uffici del turismo delle singole comunità autonome le quali a loro volta contribuiscono, anche finanziariamente, all’attività centrale di sostegno promozionale del settore.

3 – Creare le condizioni (infrastrutture, sicurezza, flessibilità del mercato del lavoro, ecc) per attrarre nuovi investimenti specie nelle aree meno sviluppate del Paese, cercando di attivare il circolo virtuoso più occupazione = maggiori consumi.

Si potrebbe questo punto concludere affermando che, di ricette per rilanciare i consumi ne esistono parecchie, sicuramente ve ne sono anche molte altre e magari maggiormente efficaci rispetto quelle appena proposte, il problema semmai consiste nell’applicarle con convinzione nel tempo... in altre parole... di provarci seriamente...

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