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Linea di politica estera affidata all’Europa

Esteri: serpe nel seno dell’Unione

Polemica Rutelli- Comunisti italiani su Israele. Programma fumoso su Onu e Mediterraneo

di Paolo Bozzacchi - 15 febbraio 2006

Fuoco sotto le ceneri dell’Unione. La coalizione guidata da Romano Prodi scricchiola ancor prima di cominciare (eventualmente) a governare. Soprattutto in materia di politica estera, con posizioni interne diametralmente opposte su molti dei temi della politica internazionale.

Come Francesco Rutelli ha dichiarato: “Una delle poche cose positive fatte dal governo Berlusconi è stata migliorare i rapporti con Israele”, pronta è arrivata la replica del responsabile esteri dei Comunisti italiani, Jacopo Venier: “l’Unione dovrà cambiare nel profondo la politica estera italiana verso Israele, riprendendo l’antica e saggia politica di equivicinanza con entrambi i partner essenziali per la pace”. Quale dei due atteggiamenti terrà l’Unione una volta conquistata la guida del Paese?

Nel tanto discusso Programma del centro-sinistra, la linea di politica estera della coalizione è completamente affidata alle strategie dell’Unione europea, cioè a dire a una delle falle più grosse del progetto d’integrazione degli attuali Venticinque Stati membri. “L’Italia deve riprendere un ruolo di protagonista”, è scritto, “e operare per un’Europa più forte e più coesa”. Come a dire: considerate le posizioni troppo distanti al nostro interno, sarà meglio delegare la soluzione del problema della definizione di una linea di politica estera degna di tale nome a un interlocutore universalmente riconosciuto come autorevole, benché incapace.

Stessa filosofia per quel che riguarda gli organismi mondiali che gestiscono le questioni di politica internazionale. Perciò grande rilievo è dato al “rafforzamento dell’Onu come contributo ad un mondo multipolare”, senza nemmeno un accenno all’impegno per la creazione di un seggio unico europeo da aggiungere nel contesto del Consiglio di sicurezza, o all’eventuale strategia nazionalistica di promozione dell’Italia internamente all’Istituzione.

La musica non cambia neanche quando si parla di strategie geopolitiche. Riguardo allo sviluppo dell’area del Mediterraneo, piuttosto che creare infrastrutture che esaltino la centralità italiana e contribuiscano alla creazione di mercati sempre più integrati (porti, aeroporti, hub, ecc.), l’Unione intende anzitutto fare pressioni su Bruxelles, affinché consideri più spesso e meglio (leggi finanziamenti) l’area.

Tra le poche note positive del documento, la parte relativa alla cooperazione allo sviluppo. Su questa la strategia dell’Unione appare più chiara e coesa, volta ad aumentare considerevolmente (di sette volte in cinque anni), le risorse destinate ai Paesi in via di Sviluppo – attualmente lo 0,1% del pil– in modo da porre le basi per rapporti più stretti (anche di natura economica), con realtà che possono rappresentare nelle Istituzioni internazionali, in prospettiva, alleati privilegiati.

Non che la politica estera di Berlusconi abbia raggiunto risultati eccezionali, sempre più subordinata a Bush e colpevole di aver fatto quasi sparire l’Italia dalle sale dei bottoni a Bruxelles. Ma se l’alternativa è questa…

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