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La sfida mediatica del Walter abbraccia-tutto

Ecco un altro regista del teatrino...

Gli affannosi tentativi di sparigliare un sistema imballato

di Elio Di Caprio - 05 settembre 2007

Chi l"ha detto che i linguaggi complicati e le dialettiche bizantine non aiutino ancora, in tempi di Seconda repubblica, a nascondere i problemi ed a conciliare l"inconciliabile tanto per fare tutti contenti? Walter Veltroni che pure tenta di fare della chiarezza e della concretezza la cifra del “nuovo” Partito Democratico che sogna di presiedere dopo le primarie del 14 ottobre, è caduto anch"egli nel tranello, come tanti suoi amici di partito.

In risposta ad alcuni quesiti sul partito democratico postigli giorni fa da Eugenio Scalfari, che si considera pur sempre il padre putativo della sinistra in trasformazione, non ha potuto fare a meno di “spiegare” che “la funzione della rappresentanza democratica si può conciliare con l"obbiettivo della trasformazione sociale definendo soluzioni statutarie e regole interne adeguate che prevedano la contendibilità delle leadership anche locali e un rigoroso limite ai mandati “. E" la risposta a dir poco confusa di chi cerca di barcamenarsi acrobaticamente nelle laboriose procedure preparatorie che da mesi tentano di dare alla nuova creatura politica del PD un"aurea di concretezza e imparzialità.

Ma si pensa veramente che tale messa a punto interessi il cosiddetto popolo delle primarie e non invece le tante conventicole che cercano di ritagliarsi una fetta di potere all"interno del mirabolante partito democratico? Un siffatto linguaggio da politichese d"altri tempi richiama troppo da vicino i vecchi equilibrismi dialettici da prima repubblica, se non l"eco mai spenta degli sforzi semantici di scuola comunista quando il massimo impegno veniva profuso nelle sottigliezze dialettiche per accontentare tutti senza mettere in discussione la lezione fondante del marx-leninismo sempre valida. Solo che ora i diessini, dopo tanti anni di militanza comunista, devono accontentarsi e cambiare obbiettivo: non si tratta più di affilare le armi ideologiche per la creazione dell" ”uomo nuovo” nel Bel Paese, come si voleva ai vecchi tempi, ma più modestamente di affidarsi alle qualità strategiche di Walter Veltroni per non farsi assorbire e anzi per prendere la guida del nuovo partito. La veltronite a tutto campo a cui assistiamo vuole rappresentare il grande balzo in avanti di immagine per innovare contenuti e linguaggi. Il sindaco di Roma pretende addirittura di cambiare denominazione all"Internazionale Socialista pur di farvi entrare senza traumi il “suo” PD. Ma poi, come è sempre più evidente, non si può abbracciare tutto e il contrario di tutto.

Il rischio è che- lo si intravvede anche e non solo dagli equilibrismi tattici alla Veltroni - l"anima diessina ex comunista riesca a prevalere e a condizionare in larga misura l"intera costruzione del nuovo soggetto politico, viziandone il percorso fino ad esplicare in pieno la tentazione egemonica che è nel suo dna. I cattolici di sinistra lo sanno bene e avvertono da tempo il pericolo : per questo cercano di convincere l"opinione pubblica che le candidature alternative a Veltroni alla guida del Partito Democratico, da Enrico Letta a Rosy Bindi, hanno un loro spessore autonomo, tanto da impedire un"elezione troppo plebiscitaria del nuovo segretario.

Il pragmatismo sparso a piene mani dai dirigenti diessini, da Fassino a D"Alema allo stesso Veltroni sembra tradire il malessere di chi, ormai privo di ancoraggi ideologici e di parole d"ordine a cui rifarsi, catapultato in primo piano nelle responsabilità di governo, cerca affannosamente di porsi al passo con i tempi per essere almeno in grado di offrire soluzioni concrete ai problemi impellenti che ( solo ora) si scoprono essere né di destra, né di sinistra. Come se il passato non contasse nulla. Ecco dunque che l"onnicomprensivo Veltroni si schiera sì a difesa dei più deboli e non potrebbe fare altrimenti. Ma poi è costretto a sposare il decisionismo con la democrazia e spiega che una democrazia che non sa decidere è uno strumento monco, vuole rafforzare i poteri dell"Esecutivo, è per il maggioritario, ambisce a trasformare una delle due Camere nel Senato delle Regioni e delle autonomie locali. Ma perchè, ci si può domandare, non l"ha detto prima? Perchè non si è espresso magari in maniera più “decisa” e tempestiva, quando nella scorsa legislatura l"infelice e confusa riforma costituzionale del centro-destra trovò un fronte compatto e contrario nell"opposizione di sinistra, senza se e senza ma, nonostante accogliesse in principio alcuni punti che ora Veltroni fa propri?

E" possibile che non venga mai messa in conto la credibilità e la coerenza dei leaders attuali e futuri e tutto si risolva sempre in defatiganti tattiche di schieramento, a cominciare dalla nuova legge elettorale? Non ha alcun senso parlare di fusioni calde o fusioni fredde all"interno dei due poli quando sono gli stessi leaders a non dare alcuna garanzia di muoversi su linee serie e secondo un disegno preciso : si sa che le passioni della gente non nascono per caso e tento meno le convinzioni. Tanto vale allora continuare a giocare, come del resto si continua a fare, far finta di dare spazio ai Circoli della Libertà anti-tasse della signora Brambilla e simmetricamente creare magari in alternativa a sinistra futuribili Circoli Sociali o dei ceti svantaggiati. Nella comune aria fritta tutto si tiene e tutto si elide reciprocamente. A Walter Veltroni resterà probabilmente l"unica soddisfazione di accreditarsi quale miglior secondo regista, dopo Berlusconi, del teatrino italiano.

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