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Le difficoltà ad emulare il vincente Sarkozy

Ecco perchè l’Italia è preistorica

Tutti i ritardi di una classe dirigente vecchia che non sa più governare i cambiamenti

di Elio Di Caprio - 08 maggio 2007

Nonostante tutti i goffi tentativi di “italianizzare” ad ogni costo i risultati delle recenti elezioni presidenziali francesi appare sempre più improbabile e forse improponibile un paragone che faccia presagire analoghi sviluppi in Italia.

Eppure tutti gli analisti sono in affanno dietro il “fenomeno” Sarkozy per capire se la “rupture” francese con il vecchio establishment, di cui il leader gollista si dice promotore, preluda ad un rimescolamento delle carte in tutto il continente europeo. E" sicuramente riduttivo dire che ha vinto la destra in Francia in opposizione alla sinistra di Ségolène Royal, quando è ormai chiaro a tutti che i significati tradizionali di destra e sinistra hanno perso il loro fascino passionale e non danno soluzioni dirimenti ai nuovi problemi dell"immigrazione di massa e della precarietà del lavoro.

Nonostante ciò all"apparenza la sfida tra i candidati presidenziali in Francia si è giocata proprio sul crinale semplificato destra-sinistra personalizzato dai due leaders emergenti di nuova generazione, Sarkozy e Ségolène. La rottura invocata da Sarkozy rispetto alla sonnolenta e schematica routine del quadro politico precedente, sottolinea e sottintende una volontà di rinnovamento che parte dalla presa d"atto che i tempi sono cambiati e con essi la società nel suo complesso. Le vecchie formule non bastano più e il rischio è che la politica non sappia più governare il cambiamento: per questo Sarkozy invoca un ritorno della politica governante e la società francese, di destra o di sinistra, non è certamente sorda all"appello.

La “rottura” richiama altri slogans passati di successo come la glasnost o la peretstroika dell"era di Gorbacev nella fase cruciale di passaggio dall"era comunista a quella post-sovietica, può anch"essa diventare un espediente retorico di mobilitazione, dice che non si torna indietro ma non indica come si andrà avanti. Basterà il carisma di Sarkozy e un certo piglio giacobino sempre affiorante nelle vicende politiche francesi a creare il nuovo, oltre la destra e la sinistra, senza il rischio che la nave francese si incagli in mare aperto su ostacoli imprevisti?

Del resto la crisi dei tradizionali concetti ottocenteschi di destra e sinistra, nati proprio nella Francia della Rivoluzione, è testimoniata dalla reciproca invasione di campo preelettorale dei candidati socialista e gollista, entrambi alla ricerca di temi comuni e unificanti su cui chiedere il consenso dei cittadini e dall"inaspettato successo dell"alternativa centrista di Bayrou al primo turno delle elezioni presidenziali. Poi tutto si è riallineato ed è rientrato nella logica del bipolarismo francese, garantito e presidiato dal sistema presidenzialista del doppio turno che consente in prima battuta di verificare la consistenza delle forze in campo che vogliono essere rappresentate e poi impone l"alternativa secca del momento decisionale tra i due candidati più votati. Tutto il contrario di quanto avviene da noi con un bipolarismo nato per caso che tiene insieme l"intenibile, con una destra che non c"è ed una sinistra che non riesce a svincolarsi dalla sua ala estrema.

Certamente la cornice presidenzialista in sé non basta a risolvere tutti i problemi se poi lo stesso Sarkozy ha dovuto invocare, per vincere le elezioni, una discontinuità con l"establishment da cui egli stesso proviene. Non va dimenticato che fino a ieri Sarkozy è stato Ministro dell"Interno di Chirac. Nonostante ciò è riuscito ad essere più credibile di Ségolène nell"invocare il cambiamento e soprattutto nell"accreditarsi come gestore del cambiamento, fino appunto alla “rottura”. Qualcosa vorrà pur dire se anche in questa occasione la sinistra è apparsa vecchia e conservatrice.

Qualche osservatore ha tirato fuori, a proposito del successo di Sarkozy, la formula del radicalismo conservatore, quasi un ossimoro, intendendo con ciò la capacità di riformare sì, ma sulla base dell"ancoraggio a principii o a idee-forza fondate sul merito e la responsabilità. In tutti i passaggi epocali, o presunti tali, tale paradigma ha funzionato per coniugare un certo coraggio decisionale, ritenuto a torto solo di destra, e un"attenzione ai ceti deboli, ritenuta a torto solo di sinistra.

Esamineremo sul campo le qualità carismatiche di Sarkozy e se gli riuscirà di rappresentare unitariamente la repubblica. Mentre dalla Francia arrivano segnali alti di cambiamento, rappresentati non tanto e non solo dalla vittoria presidenziale di Sarkozy, quanto dalla nuova voglia di partecipazione dei cittadini francesi, noi siamo alle prese con le manifestazioni del “family day” e relative contestazioni e con l"annoso problema del conflitto di interessi, mai seriamente risolto.

In più siamo in attesa dei risultati della prossima riunione del Parlamento padano. Non si parla di una assemblea costituente che pur sarebbe necessaria per riformare e ammodernare una Costituzione sempre più datata, ma di una costituente per battezzare il nuovo nato, il Partito Democratico, che già al suo apparire ha creato un"ulteriore scissione a sinistra dei partiti di governo. Sembra che abitiamo in un altro mondo, nel nostro piccolo mondo antico di sempre, mentre gli altri tentano almeno di misurarsi con le sfide della post-modernità. E" questo il nostro gap insormontabile rispetto alla vicina Francia.

Nessuna meraviglia quindi se persino nell"ultimo dibattito-sfida a due tra Sarkozy e Segolene, qualche riferimento e confronto è stato pur fatto con la Germania di Angela Merkel, con la Gran Bretagna di Tony Blair, con l"America di Bush, ma nessuna menzione esemplare ha riguardato l"Italia.

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