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Settimana Calda

Ecco il vero prezzo da pagare all'austerity

la politica europea di risanamento – pur necessaria, sia chiaro – per come è stata attuata ha creato un blocco alla creazione di ricchezza, generando disoccupazione e mettendo in circolo i pericolosi germi della rivolta sociale.

di Enrico Cisnetto - 30 novembre 2012

“Moltiplicatore fiscale”. Segnatevi questo termine, che sta per valore numerico che indica quanto le manovre di riduzione del disavanzo incidano sul pil e quanto la decrescita del pil si rifletta su deficit e debito, perché presto diventerà centrale nel dibattito politico in Europa. Mentre l’Italia incassa il peggioramento delle previsioni per il 2013 da parte dell’Ocse (stima -1% del pil) cui si lega il rischio di una manovra aggiuntiva nel 2014, l’Eurozona non riesce ad evitare il “double dip” e torna in recessione per la seconda volta dal 2009 e rischia un 2013 di stagnazione. I Diciassette, che complessivamente viaggiano appena sotto lo zero, sono trascinati verso il basso non solo dai quattro moschettieri della recessione (Grecia, Portogallo, Italia e Spagna) ma anche dai sorprendenti (in senso negativo) Olanda e Germania, e da quella Francia che l’Economist indica come una bomba a orologeria pronta ad esplodere nel cuore dell’eurozona. Di fronte a questo disastro, non si potrà non prendere atto che la politica europea di risanamento – pur necessaria, sia chiaro – per come è stata attuata ha creato un blocco alla creazione di ricchezza, generando disoccupazione e mettendo in circolo i pericolosi germi della rivolta sociale.

E qui verranno utili quei numeretti chiamati “moltiplicatori fiscali”. E ci si accorgerà che quello che l’Europa stimava sarebbe stato l’effetto negativo delle manovre di austerità – un moltiplicatore dell’ordine dello 0,5 – si è rivelato sbagliato per difetto in misura che va da 2 a 6 volte. E a sostenerlo non sono economisti di parte, ma il Fondo Monetario: stima che i “moltiplicatori”, dopo la crisi planetaria, stiano fra 0,9 e 1,7 in tutto il mondo e che in Europa, a causa del razionamento del credito, siano ancora più alti.

D’altra parte, il caso italiano è emblematico, come hanno dimostrato Giorgio La Malfa e Piergiorgio Gawronski in un prezioso saggio – teso a ricordare come Keynes tutto questo l’avesse già spiegato negli anni Trenta – che illustra, dati ufficiali alla mano, come la caduta del pil del 2,4% quest’anno e dello 0,6% prevista l’anno prossimo sia figlia (anche) delle politiche restrittive attuate in ossequio alla linea impressa dai paesi del Nord all’Europa. Facendo vedere come per effetto del caduta del denominatore, il rapporto deficit-pil è lontano dagli obiettivi prefissati. Se il moltiplicatore fosse 0,5 la manovra del “Salva Italia” (22,5 miliardi, 1,4% del pil) avrebbe avuto successo sul disavanzo con una perdita di sette decimi del pil, ma con un moltiplicatore tre volte tanto la stessa manovra riduce il deficit di solo 0,35% del pil e così per ottenere il rapporto deficit-pil desiderato si deve arrivare a 50 miliardi, procurando al pil una caduta del 6,5%. Noi non possiamo permettercelo, ma non credo che neppure per Germania e Francia sia vantaggioso continuare a battere questa strada.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.