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Il governo alla prova della Cassazione

Ecco come il peggio può non avere fine

E se i pronostici non fossero rispettati? E se Berlusconi fosse assolto?

di Davide Giacalone - 12 luglio 2013

E se la sentenza della cassazione fosse favorevole al ricorso della difesa? Non è che abbia voglia di scherzare, è che trovo singolare si discuta dando per scontato che la sentenza di secondo grado sarà confermata. Il che porta con sé un corollario: ove mai così non fosse, ove l’imputato non si trovasse con pene da scontare, allora si continua come prima e si archiviano tre settimane di minacce. Dubito si possa metterla in questo modo.

La fissazione dell’udienza già il 30 luglio ha un che di non normale. Non di illegittimo, ma, come autorevoli cassazionisti di lungo corso hanno fatto sapere, solitamente non capita. Taluni aggiungono: in quaranta anni di vita professionale è la prima volta che lo vedo. E questo è un fatto. Che tale fatto porti incorporata la conferma della condanna, invece, è un’ipotesi. Vale quel che vale, cioè nulla, ma riterrei più logico il contrario. Ma lasciamo perdere, restiamo alla cruda realtà: l’accoglimento del ricorso è fra le cose possibili (voglio crederlo), in quel caso, cosa succede? Certo, non ci farebbero una bella figura quelli che stanno ancora montando le barricate. Ma neanche quelli che stanno attrezzando i festeggiamenti. A ben vedere, sono dei gemelli, figli di eguale sfiducia nella giustizia. Non che manchino elementi per dar loro ragione, ma il fatto è che, da una parte e dall’altra, pretendono di mettere fuori gioco chi la pensa diversamente. Con l’accusa di renitenza allo scontro (peccato che anche Matteo Renzi sia caduto in questa trappola).

Solo che le barricate, in caso di accoglimento, le smonteranno, riprendendo la via delle vacanze, ma i festeggiamenti sono di per sé un oltraggio all’alleanza di governo. Scusino, i signori del Partito democratico, ma pensano sul serio che il principale partner di governo debba considerare al pari della pacificazione la sola mancata eliminazione del proprio leader? Il nostro problema collettivo consiste nel fatto che non è accettabile che sia cancellato un politico per via giudiziaria e neanche che essendo un politico debba trovare immunità dalle accuse penali. E’ un problema collettivo, non privato. Rispondere che si risolve togliendo di mezzo Berlusconi, o, generosamente, suggerendogli di togliersi di mezzo, è segno di scarso comprendonio. Come dire che il problema della fame nel mondo si risolve mangiando.

E veniamo al governo. Se dico che non è possibile andare avanti traccheggiando, o elencando provvedimenti d’infinita minuzia, se aggiungo che il ministro Saccomanni è un destabilizzatore nel definire “destabilizzanti” i giudizi di Standard & Poor’s, cos’è, vengo catalogato fra quanti non accettano l’ipotesi che Berlusconi sia condannato? Il governo non va. A prescindere, per dirla con Totò. Capovolgo la faccenda: se avesse agito, se agisse, se mettesse mano alle cose vere, dai tagli della spesa a quello della pressione fiscale, senza barattare tasse con tasse, se mettesse mano alla riforma seria del mercato del lavoro e dell’istruzione, andrebbe oltre la sentenza di cassazione. Quale che sia. In caso di condanna ci sarebbe una crisi, certo, è ovvio, ma per riprendere. Se rimane fermo ad attendere l’autunno del commissariamento, invece, cerca di campare solo dando dell’eversore a chi ne segnala il girare a vuoto.

In quanto ai ministri di centro destra (ri)segnalo loro un terribile errore commesso: lasciar cadere l’ovvio rilievo che le riforme costituzionali devono coinvolgere anche la giustizia. Ciò non solo perché un sistema senza giustizia non potrà funzionare mai, ma anche perché fra i 44 (che erano 35) saggi è stato inserito un professore processualista (Giuseppe Di Federico). Suppongo non per parentela o amicizia, ma per competenza. Che ce lo hanno messo a fare? Perché è ovvio che la giustizia è parte di quelle riforme. Ma essi, i ministri, hanno accettato che a dirlo possano essere tutti, ma non un parlamentare del centro destra. In quel momento sono finiti sotto tutela. Hanno sbagliato. Si sbrighino ad ammetterlo e a riaprire la questione, altrimenti, per dimostrarsi non sleali, finiranno su barricate che non condividono, tirando sassi su se stessi.

Siamo comunque alle ultime scene di questa smandrappata e già da tempo agonica seconda Repubblica. La cosa riguarda tutti, perché se il sipario cala in modo dignitoso (il modo c’è ed è nelle mani dell’uomo del Colle) si può allestire una scena diversa, ma se viene giù a stracci, con gli astanti che se li ficcano reciprocamente in gola, come accadde alla prima Repubblica, si ripartirà dai peggiori per costruire il peggio. Che, disgraziatamente, può non avere fine.

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