Niente decreto per i debiti Pa
E il Prof non dà i soldi alle aziende
Monti sceglie di non scegliere lasciando tutto al prossimo Governo. Dove si spera che “tecnici” di tale levatura non siano chiamanti neanche a esprimere un’opinione.di Davide Giacalone - 22 marzo 2013
I “tecnici” stanno dimostrando d’essere fra i più tecnicamente incapaci, oltre che fra i più politicamente irresponsabili. Questa storia dei debiti della pubblica amministrazione sarebbe grottesca, se non fosse orrida. Prima fanno girare l’illusione che si possano liquidare subito circa 50 miliardi, poi ripiegano su 20 nella seconda metà di quest’anno e altri 20 il prossimo. Prima parlano esplicitamente di “decreto legge” per sbloccare i fondi, con il ministro dell’economia che anticipa la possibilità che tale decreto fosse varato dal Consiglio dei ministri di ieri, poi non ne presentano neanche una bozza, ma lo annunciano in un futuro in cui, non so se lo sanno o se se ne sono resi conto, loro non saranno più in quei posti. Ma non basta, perché il decreto dovrebbe arrivare dopo che il Parlamento avrà votato e approvato la variazione dei saldi macroeconomici, come se non fosse evidente che quando il Parlamento potrà dedicarsi all’approvazione di relazioni e leggi vorrà dire che non solo un nuovo governo è al lavoro, ma anche un nuovo presidente siede al Colle. Giacché prima di allora è in altre faccende affaccendato.
Mercoledì scorso avevo scritto di questo tema, mettendo in pagina non poca prudenza. Non che mi faccia piacere sbollentare l’entusiasmo per i soldi che a molti sembravano già pronti per l’incasso, ma ritenevo giusto far presente che i passaggi necessari non erano poi così banali e immediati. La mia prudenza, frutto di quel che resta della cultura istituzionale, era stata largamente travolta dalle parole del governo stesso, compresa un’intervista del ministro Vittorio Grilli, che dalla prima pagina de Il Sole 24 Ore strillava gli imminenti pagamenti. Poco male, pensai, ho esagerato in realismo, ma mi fa piacere ammetterlo se questo porta le aziende che ne hanno diritto a incassare il dovuto. Molto male, invece, perché sulle pagine di questo giornale si trovava qualche brandello di competenza tecnica, evidentemente sconosciuto ai tecnici, ai professori, ai bravi, a quelli, insomma, che non perdono occasione per dare lezioni. Invece dovrebbero studiare, e prima di quel momento tacere. Del resto, fra loro c’era chi li aveva avvertiti: il solito Gianfranco Polillo, cui tocca la sorte di dire cose ovvie venendo smentito in tempo reale.
Quindi: niente decreto, niente soldi, solo l’annuncio dell’avvio dell’iter parlamentare per l’atto propedeutico. Niente. Il che, sia chiaro, supera la mia prudenza, traducendola in immobilismo. Se non in presa in giro. Nemmeno una parola, invece, sulle altre cose che avvertivamo il governo, questo governo, poteva fare subito: a. rimediare alla norma che prevede l’impossibilità di pagare chi non è in regola con fisco e previdenza, perché poteva essere conseguenza proprio della disonestà statale e suona più che beffa il fatto che lo Stato, in quel caso, consegna i soldi al creditore, cioè a sé stesso; b. far funzionare la banca dati dei debiti da onorare, perché ancora oggi si procede per stime laddove si dovrebbero solo tirare delle somme. Niente. L’unica cosa chiara è che il governo ripete a pappagallo il via libera stabilito dalla Commissione europea, ma non lo traduce in alcun atto concreto. Mentre la più ardita decisione che prende consiste nello stabilire che a risolvere il problema sarà il governo successivo. Dove si spera che “tecnici” di tale levatura non siano chiamanti neanche a esprimere un’opinione.
Ribadisco: il problema non era semplice e non c’era da spettarsi che il Consiglio dei ministri lo risolvesse in un colpo. Ma questo è quello che avevo scritto io, ovvero il contrario di quel che avevano detto loro. Sono sicuro che oggi sono pronti a dire: ma ignorantelli, non lo sapete che i problemi sono complessi e le procedure vanno rispettate? Noi sì, lo sappiamo. Sono loro che hanno fatto finta si potesse aggirare tutto. Se fossero dei politici si direbbe: imbroglioni. Ma sono dei tecnici e, evitando la rima, si può ben dire: incapaci.
Mercoledì scorso avevo scritto di questo tema, mettendo in pagina non poca prudenza. Non che mi faccia piacere sbollentare l’entusiasmo per i soldi che a molti sembravano già pronti per l’incasso, ma ritenevo giusto far presente che i passaggi necessari non erano poi così banali e immediati. La mia prudenza, frutto di quel che resta della cultura istituzionale, era stata largamente travolta dalle parole del governo stesso, compresa un’intervista del ministro Vittorio Grilli, che dalla prima pagina de Il Sole 24 Ore strillava gli imminenti pagamenti. Poco male, pensai, ho esagerato in realismo, ma mi fa piacere ammetterlo se questo porta le aziende che ne hanno diritto a incassare il dovuto. Molto male, invece, perché sulle pagine di questo giornale si trovava qualche brandello di competenza tecnica, evidentemente sconosciuto ai tecnici, ai professori, ai bravi, a quelli, insomma, che non perdono occasione per dare lezioni. Invece dovrebbero studiare, e prima di quel momento tacere. Del resto, fra loro c’era chi li aveva avvertiti: il solito Gianfranco Polillo, cui tocca la sorte di dire cose ovvie venendo smentito in tempo reale.
Quindi: niente decreto, niente soldi, solo l’annuncio dell’avvio dell’iter parlamentare per l’atto propedeutico. Niente. Il che, sia chiaro, supera la mia prudenza, traducendola in immobilismo. Se non in presa in giro. Nemmeno una parola, invece, sulle altre cose che avvertivamo il governo, questo governo, poteva fare subito: a. rimediare alla norma che prevede l’impossibilità di pagare chi non è in regola con fisco e previdenza, perché poteva essere conseguenza proprio della disonestà statale e suona più che beffa il fatto che lo Stato, in quel caso, consegna i soldi al creditore, cioè a sé stesso; b. far funzionare la banca dati dei debiti da onorare, perché ancora oggi si procede per stime laddove si dovrebbero solo tirare delle somme. Niente. L’unica cosa chiara è che il governo ripete a pappagallo il via libera stabilito dalla Commissione europea, ma non lo traduce in alcun atto concreto. Mentre la più ardita decisione che prende consiste nello stabilire che a risolvere il problema sarà il governo successivo. Dove si spera che “tecnici” di tale levatura non siano chiamanti neanche a esprimere un’opinione.
Ribadisco: il problema non era semplice e non c’era da spettarsi che il Consiglio dei ministri lo risolvesse in un colpo. Ma questo è quello che avevo scritto io, ovvero il contrario di quel che avevano detto loro. Sono sicuro che oggi sono pronti a dire: ma ignorantelli, non lo sapete che i problemi sono complessi e le procedure vanno rispettate? Noi sì, lo sappiamo. Sono loro che hanno fatto finta si potesse aggirare tutto. Se fossero dei politici si direbbe: imbroglioni. Ma sono dei tecnici e, evitando la rima, si può ben dire: incapaci.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.