Disastro Ferrovie = disastro italiano
Prezzo dei biglietti e stipendi dei manager? Ma il problema effettivo non è questodi Enrico Cisnetto - 21 novembre 2006
Tutto questo mentre da altre parti non sembrano avere i nostri stessi problemi. Per esempio, Deutsche Bahn nei primi 9 mesi del 2006 ha creato un utile operativo pari a 1,5 miliardi di euro, mentre il suo fatturato, merci e passeggeri, è aumentato del 22%, il che le consente di prepararsi ad una quotazione in Borsa che per le nostre Ferrovie oggi non è proponibile nemmeno per scherzo.
Di fronte a questo ennesimo disastro delle Ferrovie italiane, i rimedi proposti sono palliativi. Prima di tutto perché l’eventuale incremento dei prezzi dei biglietti – sacrosanto, se accompagnato da una crescita della qualità del servizio – porterebbe non più di 60 milioni di euro di maggiori incassi, una goccia nel mare. In secondo luogo, il problema degli stipendi dei manager non sta (solo) nel loro costo unitario, ma nel numero rispetto alle funzioni, a sua volta legato alla proliferazione di società che sono nel portafoglio della holding. Quanto alla (sacrosanta) richiesta di nuova “alta velocità”, avanzata dal duo Cipolletta-Moretti come rimedio alla crisi, va detto che se anche fosse esaudita non sposterebbe di una virgola il problema sia della messa in efficienza, dell’ampliamento e della remuneratività della linea ordinaria, sia della ancor più difficile razionalizzazione di quella locale per pendolari. Infine, non facciamo illusioni: la liberalizzazione, peraltro già fatta, non ha mai sistemato i conti di nessuna ferrovia del mondo, come dimostra il fallimento della privatizzazione inglese. Dunque, è inutile chiedere 6 miliardi di questua al governo se non si ha un piano credibile di risanamento strutturale. Aspettiamo con impazienza.
Pubblicato sul Gazzettino del 19 novembre 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Società Aperta è un movimento d’opinione, nato dall’iniziativa di un gruppo di cittadini, provenienti da esperienze professionali e politiche differenti, animati dalla comune preoccupazione per il progressivo declino dell’Italia, già dal lontano 2003, quando il declino dell’economia, almeno a noi, già era evidente come realtà acquisita. L’intento iniziale era evitare che il declino diventasse strutturale, trasformandosi in decadenza. Oltre a diverse soluzioni economiche, Società Aperta, fin dalla sua costituzione, è stata convinta che l’unico modo per fermare il declino sarebbe stato cominciare a ragionare, senza pregiudizi e logiche di appartenenza, sulle cause profonde della crisi economica italiana e sulle possibili vie d’uscita. Non soluzioni di destra o di sinistra, ma semplici soluzioni. Invece, il nostro Paese è rimasto politicamente paralizzato su un bipolarismo armato e pregiudizievole, che ha contribuito alla paralisi totale del sistema. Fin dal 2003 aspiravamo il superamento della fallimentare Seconda Repubblica, per approdare alla Terza, le cui regole vanno scritte aggiornando i contenuti della Carta Costituzionale e riformulando un patto sociale che reimmagini, modernizzandola, la costituzione materiale del Paese. Questo quotidiano online nasce come spin-off di Società Aperta, con lo scopo di raccogliere riflessioni, analisi e commenti propedeutici al salto di qualità necessario