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Public Policy

L’accordo sul contratto del pubblico impiego

Dipendenti pubblici? Che noia!

Sugli statali si scaglia la maledizione bipolare per cui si vota sempre e non si decide mai

di Davide Giacalone - 11 aprile 2007

Il contratto per il pubblico impiego è stato rinnovato, gli aumenti di stipendio sono stati concessi, ma niente altro è cambiato e le tante chiacchiere sulla produttività sono rimaste tali. Se il problema fosse solo il governo Prodi e la sua condotta non ci resterebbe che aggiungere un ulteriore motivo a quelli che ce ne fanno auspicare la crisi. Ma non è così.

Dal 2001 al 2005, governante il centro destra, la retribuzione dei dipendenti pubblici è aumentata, mediamente, del 4,1%, mentre nel settore industriale i salari sono cresciuti del 2,7 e nei servizi del 2,1. A fronte di questi aumenti, che sono, naturalmente, anche aumenti della spesa pubblica, non si è registrato alcun miglioramento, o anche solo l’introduzione di un qualche criterio di diversa valutazione. In altre parole, i due governi, formalmente contrapposti, si comportano nello stesso modo. La ragione, se si vuole, è banale: il nostro è un Paese dove si vota sempre e non si governa mai.

I dati citati possono far credere ad un privilegio in capo ai dipendenti pubblici. Non è così. Il privilegio c’è, ma riguarda quanti approfittano dell’inefficienza per lavorare poco, magari niente, facendo crescere le malattie e sommandole alle ferie. Il privilegio relativo ai mancati controlli, insomma, è tale solo per i lavativi. Che non sono pochi. Ma poi ci sono quelli che lavorano, e che sono la maggioranza, i quali continuano ad essere sottopagati. Pensate ad un insegnante che fa il suo dovere, pensate ad un infermiere che passa la giornata in corsia, ed avrete pensato a figure professionali di alto livello con retribuzioni di scarsa consistenza. Se la politica avesse capacità del proprio ruolo dovrebbe far leva su questi ultimi per punire i primi, così facendo crescere la produttività e liberando risorse con cui premiare i meritevoli. Ma per una politica incapace di entrare all’interno delle realtà lavorative è più facile pagare il consenso e l’omertà un tanto al chilo, perpetrando il mito mendace dei derelitti salvati con il posto fisso. Così procedendo, però, i falsi derelitti stanno creando un esercito di schiavi destinati a pagare i debiti del presente e del passato, composto dai propri stessi figli.

Così procedendo, inoltre, si crea un’irresponsabilità di massa, e quando i nodi verranno al pettine né l’impiegato che presta servizio al bar né l’assistente di volo Alitalia con certificato medico incorporato si sentiranno colpevoli di nulla, ma tutti saranno pronti a prendersela con il “sistema” (che non si sa cosa sia) e con chi ci governa (che tanto fa lo stesso del predecessore e del successore). In quel contratto degli statali c’è, insomma, il dna di un Paese che scivola giù, ma crede d’essere al parco giochi. www.davidegiacalone.it

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.