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Detassare il terremoto

Il terremoto continua, l’incapacità di cambiare registro anche. Il primo è una disgrazia che dobbiamo alla natura, la seconda una sciagura di cui è responsabile una classe dirigente ottusa.

di Davide Giacalone - 03 giugno 2012

Il terremoto continua, l’incapacità di cambiare registro anche. Il primo è una disgrazia che dobbiamo alla natura, la seconda una sciagura di cui è responsabile una classe dirigente ottusa. Avevamo avvertito che aumentare la benzina non avrebbe aiutato i terremotati, ma dimostrato l’assenza di idee in capo al governo. Puntualmente hanno imboccato la via più banale, consueta e sciocca. Visto che si tassa tutto avrei anche io una proposta esattrice: paghino tutti quelli che continuano a usare l’aggettivo “sobrio”. Sono ridicoli, hanno rotto l’anima ed è giusto che risarciscano le vittime. Versino un obolo, e che sia smodato. Avrei fatto volare le frecce tricolori e celebrato la festa della Repubblica senza mendaci ipocrisie, perché non si è risparmiato un tallero e non si lascia l’orgoglio nazionale sotto le macerie, assieme alla capacità di governare. Piuttosto si sarebbe dovuta evitare la pacchianata quirinalizia, con attricette e comparsine, utile solo a far sapere che i cittadini normali, quelli veri, non erano invitati. Eppure anche quello è stato un appuntamento rivelatore, perché quando il ministro Piero Giarda ha creduto di fare una battuta, immaginando si dovesse pagare un tassa per entrare, il presidente della Repubblica gli ha risposto circa i suoi dubbi sull’elasticità della domanda al prezzo. Detto in modo diverso: pagando non sarebbe venuto nessuno. Bell’esempio di amor patrio! E a chi chiedeva al prode Giarda se lui avrebbe pagato, così ha risposto: “avrei considerato le finalità”. Ma per davvero, caro il mio governante spiritoso? A noi tocca pagare sempre e comunque, senza metter becco sulle finalità. Torniamo al terremoto, che è meglio. Secondo il metro giardesco dovrei essere felice di pagare l’ulteriore fiscalità, visto il nobile intento. Invece credo che sarà l’ennesimo salasso sprecato, sicché cercherò d’usare il motore il meno possibile, in modo da contribuire solo per quel che sono costretto. Gli italiani, con la doverosa eccezione degli invitati al party del Colle, sono persone generose, pronte ad aiutare, anche economicamente. Ciò rende ancora più colpevole il modo in cui vengono trattati e ancora tassati. Ecco una proposta alternativa: detassiamo i contributi privati per il soccorso e la ricostruzione. Siamo nella stagione delle dichiarazioni dei redditi, si stabilisca che i soldi messi a disposizione dei terremotati vengano detratti dal reddito imponibile. Sostituiamo la ragionevolezza espansiva e la generosità positiva alla tassazione recessiva e all’imposizione degradante. Suvvia, illustri professori, esimio signor presidente, posate il bicchiere del rinfresco, uscite dai gazebo allestiti nei giardini, vergognatevi per avere nascosto le auto di servizio, da dove siete scesi per farvi fotografare appiedati, e provate a rendervi utili all’Italia: via le tasse dai soldi per il terremoto. Detesto la demagogia, mi fa venire l’orticaria. Fra le colpe di questa presunta classe dirigente, però, c’è anche quella di far crescere la voglia di cacciarla proponendo cose strampalate, demagogiche, utili solo a far schiumare la rabbia. Questa è una proposta concreta, che funziona bene in un Paese di gente sana, che sa privarsi di qualche cosa per darlo a chi ne ha bisogno. Coraggio, provateci. Non ho mica detto che voi stessi dovrete contribuire. Tranquilli. Sarà sufficiente consentirlo agli altri, senza doverci pagare l’obolo aggiuntivo di una tassazione pretesa con arroganza e minacce.

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