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Il male minore

Debiti da pagare

Con una previsione di debito ben oltre il 120%, è necessario sbloccare le fatture

di Enrico Cisnetto - 06 maggio 2012

Il debito pubblico nel 2011 ammontava a 1898 miliardi, ed essendo il pil 1580 miliardi, il rapporto tra ricchezza prodotta e indebitamento accumulato era pari a 120,1%. Se, dunque, a fine anno il governo avesse deciso di pagare, facendo nuovo debito, i crediti vantati dalle imprese verso le pubbliche amministrazioni, spendendo quei 62 miliardi che la Banca d’Italia stima essere l’ammontare della fatture non pagate – anche se la cifra potrebbe essere più alta, almeno 70 miliardi, visto che è ragionevole pensare che alcune fatture non siano state ancora emesse per evitare di pagarci l’Iva sopra – lo stock di debito sarebbe arrivato a 1960 miliardi, e il rapporto debito-pil sarebbe cresciuto al 124%. Quattro punti in più. Tanti? Beh, poco di più dello scarto che lo stesso governo ha calcolato ci sarà a fine 2012. Infatti, nel Def il rapporto debito-pil è stimato al 123,4%, cioè 3,3 punti oltre il livello toccato lo scorso anno. Si dirà: ma la stima è parsa assai prudenziale, perché presuppone che la recessione pesi sul pil solo per l’1,2% (tutte le stime sono tra l’1,5% e il 2%) e che il debito cresca solo dell’1,47% (mentre l’anno scorso rispetto al 2010 l’incremento era stato del 2,98%, il doppio di quello previsto ora dal Def). Vero, già a febbraio, dopo solo due mesi, il debito era aumentato di 31 miliardi, tre in più di quanto previsto per l’intero 2012, rendendo più che probabile che a dicembre quel maledetto rapporto debito-pil sia più alto di quanto stimato. Ma pagare quelle fatture rappresenterebbe sempre un aumento di quattro punti. Cioè un’entità non dico trascurabile, ma quasi. Mentre per il sistema economico, e in particolare per l’industria dei servizi che vanta oltre la metà di quei crediti, mettere in circolo i 60-70 miliardi ora bloccati significherebbe – oltre che un atto di giustizia verso i creditori e un investimento sul recupero della credibilità perduta da parte dello Stato e degli enti locali – una straordinaria boccata d’ossigeno in una fase in cui recessione e mancanza di liquidità sono due facce della stessa drammatica medaglia. E se pagare significherà alleviare un po’ la recessione e favorire la ripresa, quei quattro punti si ridurranno per effetto del miglioramento del pil.

Insomma, si vada senza indugi ad un’emissione di Btp con cui pagare le imprese, tutte e fino all’ultimo centesimo, per poi mettersi in regola e rispettare in futuro la direttiva Ue che obbliga a non superare i 60 giorni. Meglio se si pagherà in denaro – raccolto attraverso l’apposita emissione di titoli di Stato – ma se sarà direttamente in Btp, va bene uguale. E pazienza se il rapporto debito-pil crescerà di quattro punti, non sarà certo questo ritocco a influenzare l’opinione (già negativa) dei mercati finanziari sulla sostenibilità del nostro indebitamento. Se poi Monti sarà davvero così bravo da convincere l’Europa, e quindi la signora Merkel in primis, a sterilizzare quel nuovo debito nei conteggi di Bruxelles, come sembra possa accadere il 13 maggio al prossimo Ecofin, tanto di guadagnato. Ma se così non dovesse essere, pazienza. Tanto sul debito, o si fa finalmente partire il piano che da più parti viene chiesto di riduzione una-tantum attraverso la quotazione in Borsa del patrimonio pubblico e il coinvolgimento di quello privato, oppure tutti gli sforzi di contenerlo saranno vani.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.