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Ne risentiremo parlare

De Corte, il banchiere che viene dal freddo

La candidatura di De Corte avrebbe rappresentato una scelta più tecnica, capace di allontanare dallo Ior tutte quelle nuvole nere che da tempo incombono sulla banca vaticana.

di Enrico Cisnetto - 22 febbraio 2013

Sentirete ancora parlare, del fiammingo Bernard Marc De Corte. Per ora, come capo dello Ior, gli è stato preferito il tedesco Ernst von Freyberg. Si poteva dire di no alla sponsorizzazione di un Papa che, abdicando, aveva già creato un montagna di illazioni su guerre di potere in Vaticano, vere o presunte che siano? Ratzinger ha insistito per l’uomo d’affari tedesco, forse senza tenere in dovuto conto che le sue attività in campo militare avrebbero potuto scatenare polemiche. E così è stato. Ma la candidatura di De Corte, che avrebbe rappresentato una scelta più tecnica capace di allontanare dallo Ior tutte quelle nuvole nere che da tempo incombono sulla banca vaticana, è stata ad un passo dalla concretizzazione. E non è detto che l’uomo non torni utile nel prossimo futuro. Per questo vale la pena che vi racconti chi è.

Nato nell’agosto del 1944 a Poperinge in Belgio, De Corte è un fiammingo di matrice cattolica dai tratti signorili e nello stesso semplici. Sposato con un’italiana, ha tre figli. Studia sodo, laureandosi a Liegi in ingegneria e a Lille in economia. Nel 1969 inizia una brillante carriera manageriale, dapprima in una società belga di consulenza, la Sobemap del gruppo Sema, dove si occupa di marketing industriale, e poi in una sorta di Confindustria belga della metalmeccanica e della plastica, la Fabrimetal. Il salto decisivo lo fa però nel 1973 entrando in Cobepa, holding di partecipazioni quotata in Borsa del gruppo Paribas, dove rimarrà fino al 1987 come membro del management committee. Tra le tante operazioni finanziarie di cui si occupa, c’è anche l’acquisizione di una società quotata che ha in portafoglio una partecipazione italiana, l’Acquedotto Vesuviano, che De Corte salva dai debiti e ristruttura.

Questo primo contatto con l’Italia, complice anche la moglie calabrese, lo induce ad accettare la proposta di diventare ceo di Paribas Finanziaria a Milano, cosa che gli consente di conoscere bene il nostro mondo finanziario e imprenditoriale (per esempio, gli Astaldi). Dopo aver ricoperto ruoli apicali in primarie società europee, e dopo aver “rischiato” di finire a Société Générale (fu il lancio della famosa opa poi fallita di De Benedetti a bloccare quel trasferimento), nel 1987 De Corte si mette in proprio, creando un gruppo di società di consulenza nei servizi finanziari, di investimenti immobiliari in Belgio e di attività diversificate (tra cui la proprietà e la gestione di un albergo, Sirio, a Ivrea, acquistato cinque anni fa dalla famiglia Vescovo). .

Ma le sue vere passioni sono l’insegnamento – da 40 anni insegna all’Università Cattolica di Lille, e in particolare nella scuola di management Edhec – e il volontariato, che esercita come fondatore ed executive director de La Maison Heureuse di Liegi, che si definisce welfare organization per i bambini disabili, in particolare africani. Due impegni, cui De Corte dedica tempo e denaro, che spiegano le occasioni di frequentazioni vaticane.

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