Volenterosi: a Milano erano almeno trecento
Dal tavolo alla marcia dei 40mila
I partecipanti diversissimi tra loro ma uniti dal comune obiettivo delle riformedi Eva Giovannini - 31 gennaio 2007
Hanno riempito un teatro di Milano e si aspettano una nuova “marcia dei 40mila”. Niente male per un gruppo che a metà ottobre entrava tutto intorno a un tavolo. Non a caso si chiamano “volenterosi” e l’esperienza fallimentare di incontro per dare una spinta riformista alla Finanziaria – nata e morta nel giro di un mese – non li ha certo piegati. Non sono bastati il grido “all’inciucio”, né il sarcasmo di quanti vedevano la loro battaglia come una lotta contro i mulini a vento. I Volenterosi (guai a paragonare quella “V” al logo di un partito) sono tornati, e al Teatro Angelicum erano almeno in trecento.
Diversissimi tra loro, ma uniti sotto il comune tetto delle riforme, hanno messo in luce i limiti di un bipolarismo considerato “debole” e dato voce al bisogno di dare una svolta pragmatica per modernizzare il Paese. A mettere il dito nella piaga della paralisi nazionale c’erano gli economisti di cattedra come Roberto Alesina e Francesco Giavazzi - parola d’ordine liberalizzare e stare in guardia dall’ingerenza dei sindacati - e gli economisti di penna come Enrico Cisnetto, per il quale “alla politica manca una visione strategica e il bipolarismo non può offrire risposte”. C’erano i giovani come Daniele Capezzone, che nel lanciare l’idea di “meno pensioni e più welfare” si augura una nuova “marcia dei 40mila”, e c’erano i reduci della prima repubblica, quei De Michelis e Cirino Pomicino decisi a votare la proposta di legge su un’Autority per la meritocrazia nella pubblica amministrazione, “proprio loro che – mormorano i più critici – hanno guidato l’Italia della folle spesa pubblica”. C’era l’ex presidente dell’Enel Chicco Testa favorevole alla marcia invocata da Capezzone, e il sindacalista Savino Pezzotta pronto a riconsiderare ciò che di buono conteneva la legge Biagi, c’era il giuslavorista Pietro Ichino a perorare la causa del “basta con i nullafacenti”, e l’esule della Quercia Nicola Rossi che nei Volenterosi non vede un partito ma un mezzo per influire su quelli esistenti. E ancora Bruno Tabacci, Franco Debenedetti, Paolo Messa e, a ricordare la trasversalità degli intenti, il portavoce dell’Udc Michele Vietti con la ministra Linda Lanzillotta.
Ognuno con le sue biografie, spesso difficili da mettere insieme (almeno sulla carta) eppure tutti uniti nella convinzione che nil difficile volenti, come recita il loro Manifesto. Pensioni, pubblica amministrazione, liberalizzazioni: questi i temi all’ordine del giorno e le emergenze del Paese, perché a Milano non “si è parlato di politica, ma di politiche”.
Diversissimi tra loro, ma uniti sotto il comune tetto delle riforme, hanno messo in luce i limiti di un bipolarismo considerato “debole” e dato voce al bisogno di dare una svolta pragmatica per modernizzare il Paese. A mettere il dito nella piaga della paralisi nazionale c’erano gli economisti di cattedra come Roberto Alesina e Francesco Giavazzi - parola d’ordine liberalizzare e stare in guardia dall’ingerenza dei sindacati - e gli economisti di penna come Enrico Cisnetto, per il quale “alla politica manca una visione strategica e il bipolarismo non può offrire risposte”. C’erano i giovani come Daniele Capezzone, che nel lanciare l’idea di “meno pensioni e più welfare” si augura una nuova “marcia dei 40mila”, e c’erano i reduci della prima repubblica, quei De Michelis e Cirino Pomicino decisi a votare la proposta di legge su un’Autority per la meritocrazia nella pubblica amministrazione, “proprio loro che – mormorano i più critici – hanno guidato l’Italia della folle spesa pubblica”. C’era l’ex presidente dell’Enel Chicco Testa favorevole alla marcia invocata da Capezzone, e il sindacalista Savino Pezzotta pronto a riconsiderare ciò che di buono conteneva la legge Biagi, c’era il giuslavorista Pietro Ichino a perorare la causa del “basta con i nullafacenti”, e l’esule della Quercia Nicola Rossi che nei Volenterosi non vede un partito ma un mezzo per influire su quelli esistenti. E ancora Bruno Tabacci, Franco Debenedetti, Paolo Messa e, a ricordare la trasversalità degli intenti, il portavoce dell’Udc Michele Vietti con la ministra Linda Lanzillotta.
Ognuno con le sue biografie, spesso difficili da mettere insieme (almeno sulla carta) eppure tutti uniti nella convinzione che nil difficile volenti, come recita il loro Manifesto. Pensioni, pubblica amministrazione, liberalizzazioni: questi i temi all’ordine del giorno e le emergenze del Paese, perché a Milano non “si è parlato di politica, ma di politiche”.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.