Pensioni: una riforma necessaria e urgente
Dal governo ci aspettiamo di più
È il momento di cambiare registro. Un mondo politico reticente e tremulo non ci salveràdi Davide Giacalone - 26 giugno 2009
C’è qualche cosa di perverso nel subire, da parte della Commissione Europea, la procedura d’infrazione sul tema delle pensioni. Quella riforma è necessaria, urgente e conveniente, e noi tutti, per colpa di un mondo politico reticente e tremulo, siamo come un bimbo che si fa mettere in castigo per non avere mangiato i dolci.
Nello specifico, riguardante l’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego, si tratta non solo di una patente ingiustizia, talché chi vive più a lungo va in pensione prima, ma anche di un problema riguardante un numero ristretto di dipendenti, quindi di più facile soluzione. Più in generale, comunque, i dati segnalano, in maniera non equivoca, che la crisi economica scoraggia i pensionamenti, chi ha un lavoro se lo tiene stretto e tende a restarci, sicché questa è la condizione ideale per alzare l’età pensionabile di tutti.
Facendolo si diminuirebbe il peso futuro della previdenza, accorciando la distanza, da noi scandalosamente enorme, fra costo del lavoro e salario netto, vale a dire fra ciò che il datore di lavoro paga e quel che i dipendenti effettivamente intascano.
La cosa è talmente evidente che l’ha capita pure Dario Franceschini. C’è, infatti, una sola cosa buona, ma importante e colpevolmente occultata, nel messaggio video che ha inviato dall’isola deserta, dove si trova. Il rampollo di Zaccagnini si ricandida a segretario del Pd.
E, fin qui, affari loro. Lo fa con un video diffuso via web: sei minuti d’eterna banalità, compreso l’appello a “riforme strutturali” che, però, non si sa quali siano. Ma una cosa la dice, giusta e assai significativa: occorre alzare l’età del pensionamento. La dice alla maniera dei vecchi democristiani, ma la dice: i genitori lavorino più a lungo, in modo da ristipulare il patto generazionale. E’ una notizia.
Tralasciamo il fatto, certo non secondario, che l’ultima volta che la sinistra è stata al governo ha fatto l’esatto contrario. Ragioniamo sull’oggi: i dati Ocse dimostrano che l’Italia è il Paese industrializzato con la maggiore incidenza della spesa pensionistica sul prodotto interno.
Non solo siamo al doppio della media altrui, raggiungendo il 14%, ma la nostra spesa cresce in maniera vertiginosa (23% in dieci anni), il che, accoppiato alla diminuzione del Pil, porta alla sicurezza che il suo peso percentuale sarà intollerabile. E questi sono solo i numeri.
Poi c’è la sostanza umana: per pagare quelle pensioni prendiamo i soldi anche dalle tasche di chi la pensione non l’avrà. I giovani, insomma, sono superbamente fregati, in un sistema che più ingiusto sarebbe difficile anche solo da immaginare.
Quindi Franceschini ha ragione, e dice oggi, in modo confuso, quel che noi ripetiamo da anni, con sana ruvidezza. Dal governo, però, ci aspettiamo di più. Non basta affatto assicurare che si darà corso all’intimazione europea, perché, lo ripeto, ci conviene ed è comunque troppo poco. La finiscano di ripetere che la crisi suggerisce immobilità, perché è vero l’opposto: le difficoltà presenti devono aiutare a sanare gli squilibri futuri. Se non ora, quando?
In quanto a Franceschini, colga anche lui l’occasione: la procedura d’infrazione rende obbligatoria una riforma comunque opportuna, si tiri fuori dalla bottiglia e dimostri che l’opposizione sa fare politica, votandola. E faccia il piacere, già che ci si trova, di non parlare solo colà rimpiattato, ma di ripeterlo ai sindacati ed a quella parte del suo partito che s’è sempre opposta a questa riforma di giustizia ed equità.
Non dimenticando che sulle barricate, a difesa dei garantiti, non ci trova solo i comunisti di un tempo, ma anche i cattosociali di sempre. Se guarda bene, ci trova anche Prodi. Se guarda sotto, ci trova se stesso.
Ha cambiato idea? Ha imparato a far di conto? Splendido, ma esiste una regoletta di moralità, in politica, in generale nella vita culturale, si avverte: scusate, mi sono sbagliato. Anche perché, sempre nello stesso video, egli dice che la sinistra non deve tornare al passato, né devono più tornare le persone di un tempo. Ecco, avrebbe la cortesia di spiegare perché il passato fa ribrezzo e quelle persone hanno affossato la sinistra? Se serve una mano, conti su di noi.
Pubblicato da Libero di venerdì 26 giugno 2009
Nello specifico, riguardante l’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego, si tratta non solo di una patente ingiustizia, talché chi vive più a lungo va in pensione prima, ma anche di un problema riguardante un numero ristretto di dipendenti, quindi di più facile soluzione. Più in generale, comunque, i dati segnalano, in maniera non equivoca, che la crisi economica scoraggia i pensionamenti, chi ha un lavoro se lo tiene stretto e tende a restarci, sicché questa è la condizione ideale per alzare l’età pensionabile di tutti.
Facendolo si diminuirebbe il peso futuro della previdenza, accorciando la distanza, da noi scandalosamente enorme, fra costo del lavoro e salario netto, vale a dire fra ciò che il datore di lavoro paga e quel che i dipendenti effettivamente intascano.
La cosa è talmente evidente che l’ha capita pure Dario Franceschini. C’è, infatti, una sola cosa buona, ma importante e colpevolmente occultata, nel messaggio video che ha inviato dall’isola deserta, dove si trova. Il rampollo di Zaccagnini si ricandida a segretario del Pd.
E, fin qui, affari loro. Lo fa con un video diffuso via web: sei minuti d’eterna banalità, compreso l’appello a “riforme strutturali” che, però, non si sa quali siano. Ma una cosa la dice, giusta e assai significativa: occorre alzare l’età del pensionamento. La dice alla maniera dei vecchi democristiani, ma la dice: i genitori lavorino più a lungo, in modo da ristipulare il patto generazionale. E’ una notizia.
Tralasciamo il fatto, certo non secondario, che l’ultima volta che la sinistra è stata al governo ha fatto l’esatto contrario. Ragioniamo sull’oggi: i dati Ocse dimostrano che l’Italia è il Paese industrializzato con la maggiore incidenza della spesa pensionistica sul prodotto interno.
Non solo siamo al doppio della media altrui, raggiungendo il 14%, ma la nostra spesa cresce in maniera vertiginosa (23% in dieci anni), il che, accoppiato alla diminuzione del Pil, porta alla sicurezza che il suo peso percentuale sarà intollerabile. E questi sono solo i numeri.
Poi c’è la sostanza umana: per pagare quelle pensioni prendiamo i soldi anche dalle tasche di chi la pensione non l’avrà. I giovani, insomma, sono superbamente fregati, in un sistema che più ingiusto sarebbe difficile anche solo da immaginare.
Quindi Franceschini ha ragione, e dice oggi, in modo confuso, quel che noi ripetiamo da anni, con sana ruvidezza. Dal governo, però, ci aspettiamo di più. Non basta affatto assicurare che si darà corso all’intimazione europea, perché, lo ripeto, ci conviene ed è comunque troppo poco. La finiscano di ripetere che la crisi suggerisce immobilità, perché è vero l’opposto: le difficoltà presenti devono aiutare a sanare gli squilibri futuri. Se non ora, quando?
In quanto a Franceschini, colga anche lui l’occasione: la procedura d’infrazione rende obbligatoria una riforma comunque opportuna, si tiri fuori dalla bottiglia e dimostri che l’opposizione sa fare politica, votandola. E faccia il piacere, già che ci si trova, di non parlare solo colà rimpiattato, ma di ripeterlo ai sindacati ed a quella parte del suo partito che s’è sempre opposta a questa riforma di giustizia ed equità.
Non dimenticando che sulle barricate, a difesa dei garantiti, non ci trova solo i comunisti di un tempo, ma anche i cattosociali di sempre. Se guarda bene, ci trova anche Prodi. Se guarda sotto, ci trova se stesso.
Ha cambiato idea? Ha imparato a far di conto? Splendido, ma esiste una regoletta di moralità, in politica, in generale nella vita culturale, si avverte: scusate, mi sono sbagliato. Anche perché, sempre nello stesso video, egli dice che la sinistra non deve tornare al passato, né devono più tornare le persone di un tempo. Ecco, avrebbe la cortesia di spiegare perché il passato fa ribrezzo e quelle persone hanno affossato la sinistra? Se serve una mano, conti su di noi.
Pubblicato da Libero di venerdì 26 giugno 2009
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.