Se l’interlocutore dei Paesi liberi è Hamas
D’Alema non prende posizione?
L’essere equivicini agli israeliani e ai palestinesi è semplicemente privo di sensodi Davide Giacalone - 27 giugno 2006
I problemi seri non li si aggira con i giochi di parole, non porta lontano inventare, come ha fatto D’Alema, l’essere “equivicini”, solo perché “equidistanti” sembra meno politicamente corretto. Il dramma palestinese richiede scelte politiche, indicazioni precise, parole coraggiose, altrimenti si è solo equiassenti, od equinutili. Come lungamente è stata l’Europa.
Il popolo palestinese paga un prezzo altissimo all’essere divenuto ostaggio della politica antisraeliana. Non ci sono solo gli iraniani a chiedere la cancellazione di Israele, e la mancata soluzione del problema palestinese è lo strumento di una guerra continua, quindi di una continua minaccia. La storia è lunga, ma da quando Sharon decise e praticò il ritiro unilaterale dai territori occupati la comunità internazionale ha la concreta possibilità di vedere fiorire la pace, e con questa nascere uno Stato palestinese. Ad una condizione: che non sia messa in discussione la sicurezza d’Israele, dei suoi confini e del suo popolo. Ed è contro questo che si armano le milizie nemiche di ogni pace, finanziate e sostenute da chi non rinuncia all’uso di quella minaccia. Quindi, l’essere equivicini ad israeliani e palestinesi è semplicemente privo di senso, perché il problema è capire se si concede spazio a chi è contro la pace od a chi la vuole.
Dalla striscia di Gaza è partito l’ennesiomo commando terrorista che ha seminato morte in Israele. L’obiettivo colpito è un gruppo di militari, ma il destinatario del messaggio politico è Hamas, che per lunghi anni ha predicato e praticato il terrorismo, che ora, avendo vinto le elezioni, ha l’occasione di governare il processo di pace. Chi vuole mantenere Hamas sul terreno della guerra e della morte oggi uccide gli israleliani. E’ a questa fazione di Hamas che deve rivolgersi la politica estera dei paesi liberi, dicendo con chiarezza che non troverà mai una sponda di dialogo, mai un riconoscimento, mai una copertura. E dicendo ai palestinesi che la pace è possibile, al tacere delle armi. Mettere sullo stesso piano tutte le parti, non distinguere fra le fazioni interne al mondo palestinese, renderebbe la nostra politica estera un prodotto inutile. Sempre che una politica estera ci sia, a mollo nel brodino insipido di “equivicinanze” inventate per bilanciare la permanenza in Afghanistan.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato su Libero del 27 giugno 2006
Il popolo palestinese paga un prezzo altissimo all’essere divenuto ostaggio della politica antisraeliana. Non ci sono solo gli iraniani a chiedere la cancellazione di Israele, e la mancata soluzione del problema palestinese è lo strumento di una guerra continua, quindi di una continua minaccia. La storia è lunga, ma da quando Sharon decise e praticò il ritiro unilaterale dai territori occupati la comunità internazionale ha la concreta possibilità di vedere fiorire la pace, e con questa nascere uno Stato palestinese. Ad una condizione: che non sia messa in discussione la sicurezza d’Israele, dei suoi confini e del suo popolo. Ed è contro questo che si armano le milizie nemiche di ogni pace, finanziate e sostenute da chi non rinuncia all’uso di quella minaccia. Quindi, l’essere equivicini ad israeliani e palestinesi è semplicemente privo di senso, perché il problema è capire se si concede spazio a chi è contro la pace od a chi la vuole.
Dalla striscia di Gaza è partito l’ennesiomo commando terrorista che ha seminato morte in Israele. L’obiettivo colpito è un gruppo di militari, ma il destinatario del messaggio politico è Hamas, che per lunghi anni ha predicato e praticato il terrorismo, che ora, avendo vinto le elezioni, ha l’occasione di governare il processo di pace. Chi vuole mantenere Hamas sul terreno della guerra e della morte oggi uccide gli israleliani. E’ a questa fazione di Hamas che deve rivolgersi la politica estera dei paesi liberi, dicendo con chiarezza che non troverà mai una sponda di dialogo, mai un riconoscimento, mai una copertura. E dicendo ai palestinesi che la pace è possibile, al tacere delle armi. Mettere sullo stesso piano tutte le parti, non distinguere fra le fazioni interne al mondo palestinese, renderebbe la nostra politica estera un prodotto inutile. Sempre che una politica estera ci sia, a mollo nel brodino insipido di “equivicinanze” inventate per bilanciare la permanenza in Afghanistan.
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Pubblicato su Libero del 27 giugno 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.