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Wall Street compra la startup Eos

Creatività italiana e finanziamenti stranieri

In Italia chi innova, crea, sta al passo con il mondo, vince. Quando il Paese seguirà la parte buona dell'economia ritroverà la strada

di Enrico Cisnetto - 29 novembre 2013

Quando l’estro fugge all’estero. La Eos è una start-up del biotech fondata nel 2006 a Milano da Silvano Spinelli e operante principalmente nella ricerca sul Lucitanib, un farmaco antitumorale dalle incoraggianti speranze. Anzi, la Eos era una start-up. Perché è stata acquistata da un colosso di Wall Street, la statunitense Clovis, per 480 milioni di dollari. Notizia felice. Ma non sorprendente, visto che è solo l’ultimo capitolo della brillante storia di Spinelli, scienziato e startupper seriale. Il quale, dopo aver lavorato per anni nella ricerca farmacologica ed aver contribuito a sviluppare l’Aulin, decide di provare in solitaria. Nel 2006 fonda la Eos, un progetto sui cui investono subito i francesi della Sofinnova Partners e solo più tardi gli italiani del fondo Principia I e poi del Mise, che con 3 milioni di euro sembra quasi voler fare solo presenza. Oggi, quella che forse è la più importante vendita di sempre di una start-up nel settore biofarmaceutico ci conferma, da un lato, che ingegno, ricerca e capacità d’innovazione non hanno mai lasciato il nostro Paese; dall’altro che quando la creatività necessita di corposi investimenti e di un solido ambiente propedeutico allo sviluppo industriale e commerciale l’Italia non c’è, e arriva Wall Street.

La storia della Eos dovrebbe dunque rappresentare un stimolo per tutto il settore del biotech, la speranza per ogni startupper d’Italia, ma soprattutto un monito e una lezione per chi elemosina miracolosi salvataggi stranieri oggi, quando ieri, mentre l’azienda andava in rovina, non pensava minimamente all’innovazione e al rinnovamento delle proprie attività produttive. Come nel caso della Fac, fabbrica di ceramiche in quel di Savona, fallita dopo 180 anni di attività, che pubblica un grottesco annuncio in cui si “offre” ad un fantomatico compratore cinese come “ottimo investimento”, nonostante 6 mesi di battenti chiusi e anni di immobilismo di fronte all’evoluzione dell’economia globalizzata. Il mondo cambia e stare al passo è un dovere, se si vuol sopravvivere. Quindi ben venga la chiusura delle aziende decotte che nel mercato non possono sopravvivere e che, invece di idee e know-how, si agitano per pleonastici diritti inattuabili nella realtà. Chissà poi che qualcuno degli ex lavoratori della Fac non sia già stato inserito con la sua neonata impresa fra le migliaia di aziende appena censite dal rapporto “Who’s who”, che traccia il panorama di tutte le start-up italiane. Così da aumentare le probabilità di future Eos. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.