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A che servono le consultazioni?

Costituzione scritta e orale

Si fa finta di credere che sia già stato varato un sistema presidenziale.Così non è

di Davide Giacalone - 16 maggio 2006

I giornali ripetono tutti, con futuristica ammirazione per la velocità: Napolitano giura, poi avvia subito le consultazioni e prestissimo darà l’incarico a Romano Prodi. Splendido, ma se l’incarico deve darlo per forza a Prodi, che le fa a fare le consultazioni? Le domande ingenue possono essere anche sciocche, ma talora nascondono un’evidenza scandalosa, che, in questo caso, è la seguente: quel che si dipana sotto gli occhi di tutto è il divaricarsi fra la Costituzione scritta ed il costume istituzionale, o, detto in altre parole, il rispetto formale e la violazione sostanziale della Costituzione.
Il Presidente avvia le consultazioni perché è a lui che spetta stabilire a chi affidare l’incarico di formare il governo, ed è sempre lui che, su proposta del presidente del Consiglio, nomina i ministri. Questo dice la Costituzione, all’articolo 92. Citarlo non è da pedanti, specie in un mondo d’ipocriti che poi piagniucolano reclamando il rispetto di quel che hanno appena finito di violare. Nella realtà, invece, si fa finta di credere che sia già stato varato un sistema presidenziale, con indicazione diretta e popolare del capo del governo, che, difatti, nessuno dubita sarà Prodi. Il quale Prodi da giorni ripete che ha la lista dei ministri in tasca, e, pur sorvolando sul fatto che i detti ministri si stanno ancora sbudellando per stabilire chi va dove, resta il fatto che questo è l’opposto di quanto scritto nella Costituzione.
Io non meno scandalo, perché non sono ipocrita. Così stanno le cose. Bene, ma, allora, qualcuno spieghi il perché lo stesso centro sinistra che così razzola poi strilla alla Costituzione offesa sol perché il centro destra modificò la Carta inserendoci il premierato e l’elezione diretta. Volendo escludere, per carità di patria, che l’unica goduria stia proprio nel calpestare la Costituzione, non si capisce perché sia lecito fare una cosa, ma sia illecito metterla in chiaro e per iscritto. Le consultazioni lampo di Napolitano sono un tentativo di facciata per tenere insieme i cocci: faccio vedere che rispetto la Costituzione scritta, seguendone le procedure, ma porto il risultato là dove vuole la sua vulgata orale. Se non fossimo affogati nella melassa della retorica, qualcuno si accorgerebbe che questa è un’umiliazione delle prerogative quirinalizie, uno svilimento della funzione che, oltre tutto, porta ad una conseguenza inavvertita, ma pericolosa. Se l’articolo 92 stabilisce quali sono i doveri e le funzioni del Presidente della Repubblica, poi è il Parlamento il luogo dove il governo riceve la fiducia ed entra nella pienezza dei poteri. Se sego il tronco del Quirinale, le frasche cadenti soffocano il Parlamento, chiamato non ad una discussione reale, ma ad una non meno veloce ratifica. E della Costituzione ho fatto coriandoli.
Tutto questo per dire che la coincidenza istituzionale di questo maggio, il veder nascere, contemporaneamente, un Presidente della Repubblica, un Parlamento ed un governo, dovrebbe chiarire quanto sia urgente mettere mano alle regole costituzionali. A meno che non si voglia far fare alla Costituzione la fine che Arturo Carlo Jemolo voleva far fare al concordato fra Stato e chiesa: un progressivo ingiallirsi di foglie morte. www.davidegiacalone.it

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