A sostegno di monsieur Sarkozy
Contro l'asse Roma-Berlino
La Bce si è seduta su una politica sado-monetaria che penalizza i cambi. Urge fermarladi Antonio Gesualdi - 17 luglio 2007
La Banca Centrale Europea si è seduta su una politca sado-monetaria che sta costringendo l"Europa ad una assurdo livello di cambi non corrispondente alle necessità economiche dei paesi dell"Unione Europea, neppure alla Germania che la controlla.
Lo sveglio e scattante Sarkozy non ha aspettato neanche un giorno per smontare le pretese di scuola dei liberoscambisti "europeoidi" e ha ottenuto la messa in discussione di un principio della concorrenza che non è assolutamente il vangelo. Il protezionismo e il liberoscambio sono dei mezzi e non dei fini delle economie. Oggi abbiamo la verifica della predizione che anche noi di Società Aperta abbiamo fatto più di tre anni fa di un possibile euro a 1,4 sul dollaro. L"altro ieri siamo arrivati a 1,3815!
Ora si può sfidare chiunque - anche tra i nostri soloni economisti da strapazzo che al posto di studiare passano il tempo a scrivere sui giornali sproloqui quotidiani - a dimostrare che l"Italia, o la Spagna, o il Belgio sono paesi il cui peso economico è pari o superiore agli Stati Uniti. Perché se le monete qualcosa dicono lo dicono nei rapporti tra di loro. L"euro ci dice che i paesi europei hanno un peso molto più grande degli Stati Uniti e del Giappone. E" a dir poco incredibile! Oggi l"unico paese europeo che sostiene l"euro forte (si legga la realtà: significa "marco forte") è la Germania. Ma la Germania - che ha ripreso il pangermanesimo dopo la caduta del muro di Berlino - non può imporre al resto d"Europa politiche economiche predatorie come ha fatto negli ultimi anni. E non si tratta di una questione di eterno conflitto tra Francia e Germania ma di una questione ben più importante e anche pericolosa: si tratta del contenimento politico del pangermanesimo.
Oggi il peso import-export verso l"Europa della Germania è per i tre quarti per l"export e per più dei due terzi per l"import. Dunque si tratta di un"economia poco aperta ai mercati globali tanto strombazzati. E per le importazioni, sempre la Germania, si fornisce per il 40% ancora dalla zona euro. Questo significa che, di fatto, i tedeschi hanno imperniato il loro sviluppo sul mercato europeo e non sulla sfida con la Cina e gli altri paesi emergenti. Questo significa che, di fatto, la Germania agisce "come se" si trovasse in un mercato protetto. La zona euro permette alla Germania di realizzare circa il 43% del prodotto delle sue esportazioni. Attualmente la Cina assorbe la stessa quantità circa di esportazione dalla Germania che dalla Polonia. E come mai la Germania esporta in Cina tanto quanto la Polonia? Allora il mercato polacco è più globalizzato di quello tedesco? La Cina rappresenta, oggi, il 6,3% delle importazioni tedesche e assorbe circa il 2,5% dalla Germania. Quanti anni ci vorranno prima che la Germania si apra e diventi un grande partner cinese? Decenni. Ebbene nel frattempo tutti i paesi europei più deboli della Germania - con l"euro a 1,40 sul dollaro - avranno distrutto i loro sistemi agricoli e industriali e saranno invasi da prodotti cinesi. Compresi i prodotti agricoli - se si dovesse spingere anche sulla liberalizzazione del mercato primario -. E questo i francesi di Sarkozy non possono permetterselo e non lo permetteranno. Riguardo l"euro-forte la posizione inglese - grazie a Dio - e altrettanto forte e contraria e ora anche la Polonia (grazie al supporto degli Stati Uniti) sta contrastando la spinta pangermanista dell"Unione Europea. E non ultimo, le strette di mano tra Bush e Putin, e la decisione del leader russo di stoppare il trattato sugli armamenti convenzionali non sembrano affatto casuali.
L"Italia - con la classe dirigente che si ritrova - resta, come sempre nella sua storia, in balìa degli eventi. Avrebbe bisogno, come la Francia, ma anche gli altri paesi europei, di una politica monetaria funzionale all"export e non di una politica monetaria funzionale alla Grande Germania e quindi avrebbe bisogno di stare più con i francesi e gli inglesi che con i tedeschi. Ma la stessa Germania, se ben riflettesse, ha bisogno di contribuire al rilancio della crescita dei paesi che le stanno attorno e non alla loro predazione. Insomma l"asse Roma-Berlino di questa politica monetaria dell"Unione Europea va rotto prima possibile.
Lo sveglio e scattante Sarkozy non ha aspettato neanche un giorno per smontare le pretese di scuola dei liberoscambisti "europeoidi" e ha ottenuto la messa in discussione di un principio della concorrenza che non è assolutamente il vangelo. Il protezionismo e il liberoscambio sono dei mezzi e non dei fini delle economie. Oggi abbiamo la verifica della predizione che anche noi di Società Aperta abbiamo fatto più di tre anni fa di un possibile euro a 1,4 sul dollaro. L"altro ieri siamo arrivati a 1,3815!
Ora si può sfidare chiunque - anche tra i nostri soloni economisti da strapazzo che al posto di studiare passano il tempo a scrivere sui giornali sproloqui quotidiani - a dimostrare che l"Italia, o la Spagna, o il Belgio sono paesi il cui peso economico è pari o superiore agli Stati Uniti. Perché se le monete qualcosa dicono lo dicono nei rapporti tra di loro. L"euro ci dice che i paesi europei hanno un peso molto più grande degli Stati Uniti e del Giappone. E" a dir poco incredibile! Oggi l"unico paese europeo che sostiene l"euro forte (si legga la realtà: significa "marco forte") è la Germania. Ma la Germania - che ha ripreso il pangermanesimo dopo la caduta del muro di Berlino - non può imporre al resto d"Europa politiche economiche predatorie come ha fatto negli ultimi anni. E non si tratta di una questione di eterno conflitto tra Francia e Germania ma di una questione ben più importante e anche pericolosa: si tratta del contenimento politico del pangermanesimo.
Oggi il peso import-export verso l"Europa della Germania è per i tre quarti per l"export e per più dei due terzi per l"import. Dunque si tratta di un"economia poco aperta ai mercati globali tanto strombazzati. E per le importazioni, sempre la Germania, si fornisce per il 40% ancora dalla zona euro. Questo significa che, di fatto, i tedeschi hanno imperniato il loro sviluppo sul mercato europeo e non sulla sfida con la Cina e gli altri paesi emergenti. Questo significa che, di fatto, la Germania agisce "come se" si trovasse in un mercato protetto. La zona euro permette alla Germania di realizzare circa il 43% del prodotto delle sue esportazioni. Attualmente la Cina assorbe la stessa quantità circa di esportazione dalla Germania che dalla Polonia. E come mai la Germania esporta in Cina tanto quanto la Polonia? Allora il mercato polacco è più globalizzato di quello tedesco? La Cina rappresenta, oggi, il 6,3% delle importazioni tedesche e assorbe circa il 2,5% dalla Germania. Quanti anni ci vorranno prima che la Germania si apra e diventi un grande partner cinese? Decenni. Ebbene nel frattempo tutti i paesi europei più deboli della Germania - con l"euro a 1,40 sul dollaro - avranno distrutto i loro sistemi agricoli e industriali e saranno invasi da prodotti cinesi. Compresi i prodotti agricoli - se si dovesse spingere anche sulla liberalizzazione del mercato primario -. E questo i francesi di Sarkozy non possono permetterselo e non lo permetteranno. Riguardo l"euro-forte la posizione inglese - grazie a Dio - e altrettanto forte e contraria e ora anche la Polonia (grazie al supporto degli Stati Uniti) sta contrastando la spinta pangermanista dell"Unione Europea. E non ultimo, le strette di mano tra Bush e Putin, e la decisione del leader russo di stoppare il trattato sugli armamenti convenzionali non sembrano affatto casuali.
L"Italia - con la classe dirigente che si ritrova - resta, come sempre nella sua storia, in balìa degli eventi. Avrebbe bisogno, come la Francia, ma anche gli altri paesi europei, di una politica monetaria funzionale all"export e non di una politica monetaria funzionale alla Grande Germania e quindi avrebbe bisogno di stare più con i francesi e gli inglesi che con i tedeschi. Ma la stessa Germania, se ben riflettesse, ha bisogno di contribuire al rilancio della crescita dei paesi che le stanno attorno e non alla loro predazione. Insomma l"asse Roma-Berlino di questa politica monetaria dell"Unione Europea va rotto prima possibile.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.