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Public Policy

Per il rilancio delle politiche giovanili

Contro la crisi di futuro

La politica dice “no” alle nuove generazioni, ma servirebbe una finanziaria di investimento

di Lorenzo Lo Basso - 30 settembre 2005

Si accusano spesso i giovani di parlare per assiomi, di essere sognatori, di non avere contatto con la realtà, confondendo evidentemente i compiti degli interlocutori. Scambiare la forza delle giovani generazioni con la loro debolezza è un errore che non ci possiamo permettere ulteriormente. E’ anche vero, e va ricordato, che mancano, a volte, proposte concrete, e, spesso, le conoscenze, per proporre soluzioni alternative. Qualcosa però si potrebbe fare.

Per esempio, creare, anche in seno allo stesso CIPE, un coordinamento preferenziale tra i ministeri delle finanze, della ricerca, delle attività produttive dell’innovazione, delle politiche comunitarie e del lavoro. Una struttura dedicata, che abbia come compito l’implementazione delle politiche per i giovani e la loro discussione con le parti sociali interessate, che renda reale e continua una vasta concertazione, che dia una risposta sola, prima politica e poi tecnica, alla crisi di futuro che condanna all’immobilismo. Un coordinamento così strutturato sarebbe la sede idonea ad affrontare le tematiche che vanno dall’impiego alla necessità di fondi pensione alternativi, dall’incentivazione della mobilità universitaria fino alla prima casa, agli sgravi per i nuovi nuclei familiari. Ne dovrebbero scaturire politiche strutturali di ampio respiro, capaci di allargare gli orizzonti dei giovani, fornendo loro tutti gli strumenti necessari, da quelli conoscitivi a quelli materiali.

Le risorse per rendere possibile la realizzazione dei progetti decisi da tale comitato interministeriale possono essere trovate. Come? Ad esempio dalla tassazione (fino al 25% almeno) delle rendite finanziarie, dei patrimoni immobiliari (oltre la seconda casa), dai tagli agli sprechi e, perché no, da una tantum per lo sviluppo (sugli alti redditi). Per quanto riguarda gli investimenti vanno previste leve organiche di incentivazione fiscale per le imprese che assumono (con contratti a più di sei mesi), per le famiglie che investono sugli studi dei figli, per le nuove imprese (nei settori capital intensive e di frontiere tecnologiche); dovrebbe, Unione Europea permettendo, essere decisa una effettiva fiscalità differenziata al Mezzogiorno per incentivare lo sviluppo e attirare capitali. Dirottare le risorse individuate in questo modo dai consueti capitoli di spesa sarebbe una scelta politica di netta rottura col passato, sarebbe l’inizio di una nuovo modo di concepire la politica pubblica.

Le idee non mancano: quello che può fare la differenza è la collegialità e la coordinazione in merito a tali misure, e la chiara percezione che si tratta di investimenti a lungo termine, di politiche strutturali. Insomma di cambi epocali, che, come tali, non daranno risultati immediati, ma che pagheranno nel medio e lungo periodo in termini di crescita reale, e non solo economica, del Paese.

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