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Parte quarta: “scenari delle urne” continua

Conformismo: rischio permanente

Il fianco scoperto dell’informazione. Media schierati e non, o solo interessati al gioco

di Davide Giacalone - 06 aprile 2006

Il nostro sistema dell’informazione, in televisione, in radio e nella carta stampata, non corre alcun rischio di perdere la libertà. Corre un rischio diverso: di vedere consolidarsi e crescere il già esistente conformismo. Il guaio è antico, ma non per questo meno fastidioso. Nella carta stampata prendiamo due esempi: il Foglio ed il Riformista.
Sono due quotidiani molto piccoli, ma non conformisti. Uno è schierato nel centro-destra, l’altro nel centro-sinistra, ma non per questo iscritti alle liste delle tifoserie acritiche e monocordi.
Sono nati con due assetti proprietari che non avrebbero influito sulla linea politica, affidata ai rispettivi direttori. Le corazzate della carta stampata, dal Corriere della Sera alla Stampa, dal Sole 24 Ore al Giornale,invece, risentono di proprietà che hanno interessi marginali nell’editoria, ed interessi sostanziali altrove. Male antico, appunto, ma cui c’è rimedio. Ancora un esempio: è stato detto e scritto che il Corriere della Sera, con un fondo del suo direttore, Paolo Mieli, si è schierato, in questa campagna elettorale, con la sinistra. A me non sembra. Credo, invece, che quel quotidiano abbia aperto la campagna elettorale sparando a palle incatenate contro una parte dei Ds, trascinandoli nella polvere degli scandali, e dopo averne ottenuto il piegarsi per avere la tregua giudiziaria, abbia colpito a fondo, dando per scontata la vittoria elettorale della sinistra, posizionandosi nella guerra intestina che si aprirà al chiudersi delle urne: contro il gruppo che fa capo a D’Alema ed all’apparato storico dei furono comunisti, a favore dell’idea di sostituire quel mondo con una nuova alleanza che porta i nomi di Veltroni e Rutelli. Tutto legittimo, se non fosse che questo s’intreccia con gli interessi materiali del patto di sindacato che regge la proprietà, che è poi la stessa compagnia che regge Fiat, la Confindustria e, quindi, le altre testate giornalistiche. Ora, in democrazia, il conflitto fra interessi è cosa buona e giusta, a patto che sia visibile e riconoscibile, mentre questa faccenda è torbida. L’editoria stampata, però, è l’anello debole del nostro sistema dell’informazione, con pochi lettori e poca pubblicità. L’anello forte è quello televisivo, ed è qui che si possono fare grandi e buone cose. A me il telegiornale che fa Emilio Fede non piace, ma non credo proprio che il rinnovamento e l’apertura venga dalla sua eliminazione. Si deve cominciare dalla Rai: si smonti il colosso pubblico, si faccia cadere l’alibi che ingessa tutto, ed il nostro sistema dell’informazione diventerà più ricco, più pluralista, più competitivo.
Previsione: il partito Rai è forte a destra ed a sinistra, inoltre sono venti anni che il partito Rai regge il falsamente contrapposto partito Mediaset. Tutti e due questi partiti sono un monumento al conflitto d’interessi, cui pochi sfuggono. Questi due partiti saranno battuti dall’evoluzione tecnologica, da una digitalizzazione delle trasmissioni che non è la pagliaccesca rincorsa del digitale terrestre. Se il futuro governo, e la futura maggioranza parlamentare, non saranno espressione delle forze conservatrici, di destra e di sinistra, porranno rimedio prima.

www.davidegiacalone.it

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