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Dopo Capri, qualche riflessione

Confindustria e l'alternativa politica

I Giovani non vogliono un paese immobile.Ma dovrebbero dirlo ai loro padri

di Davide Giacalone - 09 ottobre 2006

I giovani confindustriali sono giovani, ed in quanto tali potrebbero fare uno sforzo di determinazione e sincerità. Dicono che a loro non piace questa legge finanziaria, così come non piace un Paese immobile, anchilosato, lontano dalla libertà che la competizione esige. Giusto. Datosi che abbaiare alla luna non produce molto, farebbero bene a presentare il conto anche ai loro padri, a mostrarsi critici anche nei confronti del loro mondo. Questa finanziaria, per esempio, non è il frutto degli estremismi sindacali rifondaroli, assolutamente no: è il prodotto di un sentimento politico, di un’idea di società, affronta (male) il tema della redistribuzione perché lo antepone a quello dello sviluppo. Non piace, e lo capisco, ma quale diversa idealità si mette in campo?

Molti citano, e spesso, Vicenza. Qui Berlusconi svelò quanto la “pancia” di Confindustria non fosse omogenea al sentire politico dell’originaria triade: Montezemolo, Tronchetti Provera, Della Valle. La si cita per dire che il mondo degli imprenditori non condivideva il palese appoggio elettorale al centrosinistra.

Ai giovani non si deve chiedere di tornare a Vicenza e reclamare un tardivo cambio di rotta, ma di mettere in luce che a quel trauma si poté arrivare perché da tempo l’imprenditoria non esprime una comune e forte idea d’Italia. Alla fine tutti navigano nel capitalismo relazionale, che poi è una forma di panstatalismo con partecipazione privata. Ed è questa la responsabilità che i giovani dovrebbero denunciare, dicendo che il problema italiano è in gran parte un problema di classe dirigente, di persone che abbiano, al tempo stesso, qualità e forza. E non dimenticando di dire che quel problema ce l’ha anche Confindustria.

Se così non fosse, lo ricordino, non potrebbe esistere neanche la povera e scialba politica che ogni giorno ci compare davanti agli occhi. Si crede esistano poteri forti, magari in conflitto, invece ci sono debolezze, quasi sempre in reciproco sostegno. E’ la conseguenza della chiusura, dell’idea che si possa conservare il piccolo mondo del benessere, il cui risvolto è la legge finanziaria, che punta a dividerlo in modo diverso. Le vedono, queste cose, i giovani? Se le vedono le dicano e ricordino che i grandi padri sperano di avere figli che non somiglino loro.

www.davidegiacalone.it

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