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Fiammata violenta di ritorno in Medio Oriente

Condanne dimezzate sulla Palestina

Chiunque sarà al governo in Italia, tra poco, sarà chiamato a prendere posizione

di Davide Giacalone - 19 aprile 2006

E’ ripresa la lotta politica nel mondo palestinese, che ci riguarda e ci coinvolge. Le cose, da troppi anni, funzionano così: non appena un gruppo palestinese accetta realisticamente che Israele ha tutto il diritto d’esistere, e, pertanto, si appresta a trattare la convivenza, un altro gruppo comincia a sparare sugli israeliani, per bloccare il dialogo. Arafat si mantenne a cavallo di questa doppiezza per anni, lasciando che i propri uomini di Fatah (con il braccio armato dei Martiri di al Aqsa) facessero concorrenza, in quanto a stragi, ai terroristi di Hamas, nati da una filiazione dei fratelli musulmani.
Morto Arafat fu Abu Mazen a cercare d’interpretare le vie della pace, divenendo presidente dell’Anp (Autorità Nazionale Palestinese). Quest’ultimo trovò un interlocutore israeliano di prim’ordine: Ariel Sharon. Le elezioni palestinesi, però, hanno messo un macigno sulla strada, portando alla vittoria di Hamas, che ora governa. La vittoria dei terroristi non è dovuta alla “cattiveria” degli elettori palestinesi, ma a solide ragioni interne: intanto il partito che fu di Arafat era detestato per il dilagare della corruzione; poi Hamas poteva godere di abbondanti finanziamenti dall’estero, grazie ai quali aveva alimentato le armi, ma anche scuole (dove s’indottrinano e rimbecilliscono i giovani da mandare a morte) ed ospedali; infine Mazen s’era dimostrato di buona volontà, ma di scarso polso. Vinte le elezioni, anche nel mondo di Hamas s’era fatta strada un certo realismo, di cui si era colta l’eco nelle parole di Ismail Haniyeh, e, del resto, se il terrorismo dell’organizzazione fosse divenuto la dottrina dei palestinesi, l’unica conseguenza ragionevole sarebbe stata (e sarà) la guerra e l’annientamento di ogni germoglio statuale. Ma, appunto, non appena questo capita le altre fazioni mettono mano alle bombe, per interdire i governanti palestinesi e per appropriarsi dei finanziamenti che, dall’estero, servono ad evitare che la Palestina viva in pace. E qui siamo a ciò che ci riguarda.
I soldi, oggi, arrivano massicciamente dall’Iran, impegnato nella corsa verso la bomba atomica e desideroso di eliminare Israele dalla carta geografica. A questa gente si risponde in un solo modo: provateci, e siete morti. Non perché ci piaccia la guerra, ma proprio perché non ci piace, e non ci piace farcela fare. Il guaio è che questa è la posizione degli Usa, dell’Inghilterra, pian pianino anche dell’Ue, che ha sospeso gli aiuti ad Hamas, ma non si sa quale sia la posizione dell’Italia post elettorale, quella dell’immediato ritiro di tutte le truppe da onnidove. Prodi rilascia improvvide dichiarazioni ad Al Jazeera, fantasticando di “aperture molto interessanti” di Hamas, mentre Veltroni e Rutelli, giustamente, condannano l’attentato e lo sul conto dei governanti palestinesi, Caruso non è nessuno ed è inutile occuparsene. Anche in questo caso, come si vede, la continuità politica, e sul vitale terreno della politica estera, trova un inciampo negli estremismi interni alle coalizioni, di cui Prodi è espressione. Fra poco la reazione israeliana arriverà ed al governo italiano si chiederà una posizione chiara, che, nel migliore dei casi, sarà impossibile, mentre il cordoglio per le vittime è la quintessenza del niente.

www.davidegiacalone.it

Pubblicato da Libero del 19 aprile 2006

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