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La denuncia di Emma Bonino

Community of Democracies, bilancio amaro

Dopo il vertice di Santiago si vanificano le premesse per una proposta comune

di Enrico Gagliardi - 03 maggio 2005

Molti studiosi e politologi hanno preso atto della struttura obsoleta delle Nazioni Unite e del suo ormai lampante fallimento rispetto alla loro capacità di affrontare le crisi internazionali. In questo contesto sembra essere sempre più visibile e capace di rispondere alle esigenze attuali la proposta di creare una comunità delle democrazie; proposta lanciata, tra gli altri, anche da Christian Rocca che nel suo ultimo saggio “Contro l’Onu” ipotizza l’idea ancora molto nebulosa di una comunità dei governi democratici.

In campo internazionale, tra il 28 ed il 30 aprile, a Santiago del Cile, si è svolta la Terza conferenza ministeriale della comunità delle democrazie: a capo della delegazione italiana c’era Emma Bonino che in un’intervista a Radio Radicale si è dimostrata particolarmente insoddisfatta dei lavori della conferenza.

Secondo la leader radicale,a Santiago del Cile non si sarebbero fatti grandi passi in avanti a causa del riproporsi in termini analoghi ancora delle spaccature politiche già presenti negli anni ’80 in rapporto alle dittature comuniste: da una parte la tesi della distensione, dall’altra quella reaganiana della contrapposizione. Teoria sostenuta chiaramente dagli USA che per bocca di Condoleeza Rice hanno perorato la volontà di diffondere la democrazia alla stregua di un vero e proprio dovere morale.

Tutti gli interventi dei delegati delle nazioni dunque non hanno, nei fatti, portato a qualcosa di veramente concreto visto che le proposte di Kofi Annan, ad esempio quella di un Consiglio dell’ONU per i Diritti Umani, sono state spazzate via dalla prima seduta, con il veto incrociato di Francia, Malaysia e Venezuela.

Restano insomma tanti dubbi in un incontro dove, secondo le parole della Bonino, la cosa più umana e vera sono state le lacrime dell’attivista birmano: come mai, ci si chiede per esempio, se si vuole dare così importanza agli enti macro-regionali, non si fornisce poi peso specifico a questi inserendoli a livello decisionale nel nuovo Consiglio di Sicurezza che dovrebbe uscire dalla riforma dell’ONU invece che insistere ancora sulle singole nazioni?

Dunque il bilancio della leader radicale è chiaro: un’esperienza molto deludente che non ha inviato ai dittatori della terra nessun messaggio serio e chiaro di cambiare le cose e di dare peso sostanziale alle proposte di riforma delle Nazioni Unite.

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