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Seconda tappa del viaggio pre-elettorale

Colloquio con Antonio Catricalà

Presidente della Autorità garante della Concorrenza e del Mercato

di Enrico Cisnetto - 05 marzo 2008

Per la seconda tappa del nostro viaggio pre-elettorale tra i protagonisti dell’economia italiana, incontro Antonio Catricalà. Lo vedo nel suo ufficio “alato” dei Parioli, all’ottavo piano di un grattacielo anni Sessanta da cui si vede tutta Roma e anche oltre, verso le montagne. E il presidente della Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, altrimenti detta Antitrust, vola alto fin da subito. “Il Paese sente forte la speranza e l’attesa che si metta mano seriamente alle riforme. Se anche stavolta questi sentimenti saranno disattesi, quello che resterà sarà una grande, pericolosa, delusione”. Per Catricalà il focus dev’essere senz’altro su economia e disuguaglianze, “perché anche se l’economia dovesse crescere di poco, ci sarà almeno una più equa distribuzione della ricchezza”.

Ecco, appunto, parliamo di rallentamento, o meglio, di declino. “Certamente dobbiamo guardare soprattutto al benchmarking con gli altri, con l’estero. Come dice l’Ocse, il rischio è quello di un ‘rallentamento continuato’. O meglio, di una stasi”, dice il numero uno dell’Antitrust appoggiato al suo enorme tavolo di mogano. Ma si può fare qualcosa per evitare la catastrofe? “Il baratro si può ancora evitare, se si metteranno in atto velocemente quelle riforme coraggiose che il paese invoca a gran voce. Gradualmente, certo, ma in maniera precisa, in diversi settori, come quello delle professioni, dei servizi pubblici locali, della pubblica amministrazione”.

Andiamo con ordine. Catricalà comincia subito dalle liberalizzazioni. “Mentre nel Paese c’è forte l’attesa per una nuova ondata di liberalizzazioni, in seguito anche alle “lenzuolate” di Bersani, sulle professioni c’è questa idea diffusa che un avvocato o un dentista non si possano far pubblicità, non possano avere tariffe concorrenziali e precise, perché non sono aziende come le altre. Ma per la Ue è invece esattamente così. Per i servizi pubblici poi è necessaria, è fondamentale una nuova ondata di privatizzazioni, e qui un ruolo da protagoniste potrebbero farlo le fondazioni bancarie, “che hanno fatto così bene nel settore del credito, e che potrebbero anche, in questo modo, riappropriarsi di un ruolo propulsivo a livello territoriale”.

E la politica, chiedo? Come li vede questi due schieramenti che oggi si contrappongono? “Certamente molto più omogenei che in passato, rispetto alle congerie di partiti di ieri”. Ma a Catricalà, che la politica la conosce bene, non sfugge certo la novità di un centro smarcato dai due “nuovi” grandi partiti: “certamente avrà un ruolo importante di garanzia, di voce neutra. Penso che avrà un buon successo, ma se anche non dovesse poter contare su una forza numericamente rilevante, sarà comunque un elemento di garanzia e di moderazione decisivo”.

Diplomatico, giustamente diplomatico, quando si tratta di entrare nelle cose della politica, Catricalà rivendica un approccio soft anche per quanto riguarda i suoi anni all’Antitrust. “Se avessi imposto multe milionarie ai petrolieri sarei diventato un eroe. Non sarebbe stato difficile”, sottolinea. “Ma un conto sono le mosse a effetto, un conto le misure che fanno davvero l’interesse dei cittadini”. In questo senso rivendica pienamente l’uso che ha fatto dell’articolo 3 della legge 287 del 1990, quella che definisce i poteri della stessa Authority, che al comma terzo prevede la possibilità di chiedere impegni riparatori precisi alle imprese sotto accusa, invece di imporre multe salatissime.

“Una possibilità che abbiamo usato con successo in una dozzina di casi. Anche perché le multe spesso vengono ridotte o addirittura invalidate dai vari Tar e Consiglio di Stato”. Moral suasion, insomma. “Anche, certo. Ma io credo che una Autorità come questa non debba occuparsi solo di cose eclatanti e di atti eroici. Far diminuire il prezzo della benzina, tenere d’occhio quello del pane o dei libri scolastici o della pasta sono misure che non portano rivoluzioni del mercato, ma certamente puntano i riflettori su alcune pratiche e sulle imprese acquisite”.

E il taglio della spesa pubblica, e l’elefantiasi della pubblica amministrazione? Qui il calabrese Catricalà s’infervora. Alle spalle, noto solo adesso, che l’enorme libreria è zeppa di modellini di aerei da combattimento. Il presidente dell’Antitrust parla chiaro: “Sulla PA serve qualcuno che abbia davvero il coraggio del cambiamento. Niente slogan, ma una roadmap precisa”. Provo a riassumere il suo pensiero. Primo: destrutturazione delle direzioni generali del personale. Ne basta una sola, basta con le sovrapposizioni e i dualismi. Secondo: esternalizzazione di tutti i servizi di back office e “liberazione” di migliaia di pubblici funzionari. Terzo: formazione e riqualificazione di questi dipendenti, che verranno rimessi “sulla strada” del servizio al cittadino.

Il fatto è, però, che qualcuno vorrebbe partire a tagliare proprio dalle authorities. E in effetti, visto che si sono moltiplicate in questi ultimi anni – da quella per l’Energia a quella per le Comunicazioni, a quella sugli Appalti Pubblici, a quella per la Privacy - iniziare a sfoltire da qui non sarebbe male. “Il Governo Prodi ci ha provato a mettere ordine nella materia”, sospira Catricalà, “ma l’idea di una riforma generale della materia è infelice. Una disciplina tutta uguale per le diverse authorities non sarebbe giusta. Sono organi differenti”.

E aggiunge: “Diversi ministri della Funzione Pubblica hanno dedicato tutto il loro mandato a tentare di mettere all’ordine del giorno la riforma delle Authorities. E nessuno ci è riuscito. Si potrebbe quasi dire che tentare una riforma del settore porti quasi male!”.

Catricalà sorride, scaramantico. Io mi associo, ma spero proprio che prima o poi arrivi un ministro che osa sfidare la cabala.

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