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In Europa ci precedono solo UK e Spagna

Cocaina, Italia leader: non solo Lapo

Il Ddl Fini stagna in Parlamento e divide proibizionisti e antiproibizionisti

di Paolo Bozzacchi - 28 novembre 2005

“Uno striscione per Lapo”. Così un cartello ricco di doppi sensi dei tifosi della Roma sbeffeggiava due settimane l’ex-rampollo di casa-Agnelli, simbolo juventino per antonomasia. Ma le cosiddette “strisce” di cocaina non sembrano riguardare solo Lapo Elkann. Anzi, sembrano un vizio in grande espansione, specialmente tra i giovani.

La Relazione 2005 dell’Agenzia europea per le droghe, infatti, ha evidenziato un vero e proprio boom dei consumi di cocaina nell’Unione europea, in particolare nel Regno Unito, in Spagna e in Italia. La polvere bianca è ormai diventata (dopo la cannabis), la seconda sostanza stupefacente europea, in termini di importazione e traffico. Circa 3-3,5 milioni di persone (l’1% di tutta la popolazione europea adulta), ha consumato cocaina nel corso dell’ultimo anno.

Per quel che riguarda il nostro paese, ben il 2,2% dei giovani adulti italiani tra i 15 e i 34 anni ha assunto cocaina nel corso degli ultimi 12 mesi. “Meglio” di noi sono riusciti a fare, nell’Ue, solo i britannici (4,8%) e gli spagnoli (4,2%). L’Italia è leader europeo anche per quel che riguarda la percentuale di reati contro le normative sugli stupefacenti relativamente alla cocaina. Oltre il 32%, contro l’1% della Repubblica Ceca che conduce la speciale classifica comunitaria.

I dati allarmanti dell’Agenzia europea per le droghe danno da pensare. La cocaina sembra aver sostituito in toto l’eroina degli anni ’70 e ’80, e le politiche di prevenzione e lotta al fenomeno attuate dall’Ue sono (per ora) un fallimento totale.

Lo ammette il Parlamento di Strasburgo stesso, quando valutando i risultati del piano anti-dorga 2000-2004, ha sottolineato come “riguardo ai sei principali obiettivi definiti nella strategia, nessuno di essi ha conseguito risultati favorevoli”. Le Istituzioni comunitarie, quindi, si propongono di “proporre misure totalmente diverse da quelle attuate, al fine di conseguire l’obiettivo generale del progetto”. Un proposito che farebbe pensare ad una svolta antiproibizionista dell’Unione europea, ma così non è. Tra le uniche novità introdotte dal piano 2005-2012, infatti, le uniche degne di nota sono la previsione per i trasgressori-consumatori, in alternativa al carcere, di programmi terapeutici di sperimentata efficacia, e l’aumento significativo dell’aiuto allo sviluppo dei paesi produttori di droga, mediante programmi che finanzino coltivazioni alternative sostenibili e la riduzione significativa della povertà.

Ma se l’Europa sul tema sembra anche scontare i troppo diversi approcci al problema da parte degli Stati nazionali, l’Italia non brilla certo di luce propria. Il Ddl Fini in materia di droga ha suscitato (sai che novità), un polverone di polemiche tra proibizionisti e antiproibizionisti, che lo hanno di fatto stagnare in Parlamento da mesi. Le ultime novità sembra forzino il Ministro degli Esteri a ricorrere al voto di fiducia del governo per vederlo approvato entro la legislatura.
Non solo: a sole due settimane dalla Conferenza nazionale antidroga (5-7 dicembre a Palermo), i rappresentanti delle Regioni si sono tirati indietro, perché troppo poco coinvolti nella stesura di norme la cui applicazione le riguarda molto da vicino.

Il vero oggetto del contendere è la futura efficacia di un provvedimento che condanna allo stesso modo tutti i tipi di droga, cancella il concetto di modica quantità e equipara il consumo e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Di fatto si torna a punire penalmente anche la sola detenzione di droga, stabilendo le quantità entro le quali si rimane nell’ambito dell’illecito amministrativo, superate le quali scatta il carcere. Il governo dice di puntare con fiducia sulle pene alternative: in presenza di un programma terapeutico, infatti, l’esecuzione della pena è sospesa. Ma di fronte alle decine di migliaia di arresti che scatterebbero in caso la legge entrasse in vigore, i centri di riabilitazione non sarebbero in grado di assorbire le troppe richieste. Senza contare i gravi problemi che gli istituti penitenziari (già oltre i limiti del sovraffollamento), dovrebbero per forza di cose affrontare. Quello di Fini è un vero e proprio gire di vite, quindi, che sposerebbe in pieno le politiche Ue dimostratesi inefficaci e fallimentari.

Piuttosto che chiedere la fiducia e far passare un provvedimento a colpi di maggioranza, forse l’emergenza cocaina in Italia potrebbe trasformare la lotta alla droga in uno dei punti fondamentali di un’agenda bipartisan da attuarsi qualunque parte andasse al governo. Non bastano pene più severe per sanare una piaga sempre più sociale. Se i giovani nostrani sentono sempre di più la necessità di “tirarsi su” andando su di giri con la cocaina, forse la lotta dovrebbe riguardare questa latente depressione giovanile, che sta colpendo in maniera sempre più preoccupante. La sfida, quindi, è impedire che Lapo Elkann diventi solo un “apripista”.

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