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Ma un’apparizione in tv non risolve il problema

Coalizioni alla prova dell’astensione

Chi non va a votare non ha più fiducia nel proprio partito ma neanche negli altri

di Antonio Gesualdi - 16 febbraio 2006

Recuperare gli astenuti. Questa è la parola d"ordine del centro-destra. O meglio è la parola d"ordine di chi perde o pensa di perdere.

Si tratta di una strategia paradossale, ma che ha la sua ragion d"essere.

All"astensione, così come la scheda nulla e bianca, va applicato l"insegnamento di Machiavelli: si vince perché si è forti, ma anche perché l"avversario si è indebolito.

Il voto non valido e la scheda bianca hanno un preciso significato: sono manifestazione di una certa "confusione" quotidiana, risultato di forti dubbi tra diverse mentalità e quindi risultante della non completa adesione al proprio partito di riferimento. Le schede bianche, inoltre, si contano di più nei focolai di partiti che in quella data tornata elettorale risultano sconfitti. Chi va ugualmente alle urne senza esprimere il voto o invalidandolo consapevolmente non si fida più del proprio partito di riferimento... ma neppure degli altri. La scheda bianca o l"astensione è la manifestazione della debolezza del perdente ed è, per paradosso, come se contribuisse a far perdere le elezioni a chi le ha perse. La conseguenza logica di questo ragionamento è che se leggiamo i risultati elettorali - nel contesto territoriale - del partito che ha perso troveremo che l"astensionismo o la scheda annullata hanno contribuito alla sconfitta. I leader politici, allora, in campagna elettorale pensano che per non perdere le elezioni occorra convincere gli astenuti (del sondaggismo o della volta precedente) ad andare a votare e votare per loro. In realtà - e qui il paradosso - ad ogni elezione astensionisti e annullatori o imbianchini fanno perdere... chi perde. Dunque è assurdo impostare una campagna elettore sugli astensionisti.

In Italia, infine, l"astensionismo ha una propria "forma" territoriale ben precisa che si è consolidata da una trentina d"anni. Si contano, ad ogni elezione politica, più astensionismi dalla Carnia, lungo le Dolomiti, fino nel Trentino. Dal Polesine verso il veneziano e verso il mantovano. Nella Garfagnana, nell"area del Montefeltrino, da Roma verso Spoleto, Foligno e Macerata e verso il grossetano. In Sardegna nel Campidano e nel Sud, come nel Nordovest, in aree più localizzate: Torino, Chiasso, il Monferrato, Ivrea e Biella. A nord di Milano. Le grandi città di Roma e Napoli. A Enna, Agrigento, Ragusa e l"area della Madonie in Sicilia. In Calabria dalla piana di Sibari lungo la catena costiera e le città pugliesi di Bari, Brindisi, Lecce e Taranto e parte del Gargano così come il napoletano, il Cilento, Avellino e Caserta. Tra Savona e Genova.

E vorreste farmi credere che tutti questi nostri concittadini (sono mediamente il 20-25%) si astengono dal voto solo perché non hanno visto un Berlusconi in televisione?

Il partito che perderà alle prossime elezioni di aprile conteggerà - nei suoi territori di riferimento - più astensionismo, più schede nulle e più bianche. Si perde anche per quello!

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