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L’ennesima truffa nel Paese delle Authority

Chi farà le veci di Ponzio Pilato?

Il caso Eni: presunzione di innocenza a parte, i conti non tornano

di Davide Giacalone - 30 maggio 2007

La procura di Milano ipotizza una truffa nella misurazione del gas, raccoglie i dati di una lunga indagine compiuta dalla Guardia di Finanza ed invia degli avvisi di garanzia ai vertici delle aziende coinvolte. Non si dovrebbe drammatizzare e si faccia salva la presunzione d’innocenza. Ma ci sono conti che non tornano. L’Eni ha fatto sapere che chiarirà tutto, ma che le differenze nelle misurazioni non hanno comunque danneggiato i consumatori. E che significa? Essendo difficile che abbiano danneggiato i russi, gli algerini od i libici, che misurano per i fatti loro quel che ci vendono, ed essendo l’Eni un monopolista posseduto dallo Stato, delle due l’una: o non c’è alcun danno, o, se c’è, è a carico degli interessi nazionali, di tutti. Poi si tratta di stabilire se lo abbiamo pagato come consumatori di gas, o come cittadini, od in ambo le vesti. Lo stesso Eni sottolinea che le misurazioni avvengono secondo le indicazioni emanate dalla competente autorità. Leggo, però, che Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità vigilante su l’energia elettrica ed il gas, afferma che collaborerà con la magistratura (ci mancherebbe) nella quale ripone fiducia. Grazie, gran bella cosa.

Ma allora che ci sta a fare l’Autorità da lui presieduta? Si scopre, difatti, che gli apparecchi per la misurazione non sono omologati, taluni anche senza sigilli e che la disomogeneità dei risultati prende a scusa la diversa consistenza del gas a seconda della provenienza. Ricordate la domanda trappola che ti facevano a scuola: pesa più un chilo di piombo o di piume? Ed i fessi rispondevano scegliendo la prima opzione. Non ci provino con il gas. Se e quando ci sarà un processo (fra anni) sapremo se si sono commessi reati. Ma già ora sappiamo che l’Autorità di garanzia ha una concezione gassosa delle proprie competenze. Sento già l’obiezione, sempre la stessa: non abbiamo poteri adeguati. E allora dimettetevi, protestate, andate via, dite che così non si può lavorare. Invece se ne stanno tutti lì, da quelli della privacy a quelli degli scioperi, scarrozzati da un convegno all’altro a dir cose che solitamente criticano l’andazzo che dovrebbero vigilare. Il tutto in attesa che sorga un problema vero, innanzi al quale invocare la più devastante delle attenuanti: e io che c’entro? io sono inutile.

Pubblicato su Libero di mercoledì 30

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