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Ripresa economica tra ombrellai e bagnini

Che succede dietro le urne intanto?

L’Italia sembra non voler cambiare, si rischia di passare da un’esagerazione all’altra

di Davide Giacalone - 10 aprile 2006

C’è un dietro le urne, che racconta la cronaca delle manovre e dei riposizionamenti. Fatti diversi, che concorrono a scrivere la stessa storia. Adesso, incredibile ma vero, c’è la ripresa economica. Lo ha detto Mario Draghi, subito ripreso, con entusiasmo, da Innocenzo Cipolletta, così come dalla prima pagina de La Stampa. Presto sarà la lieta novella sulla bocca di molti. Fino a ieri mattina valeva la diagnosi del coma profondo, che se solo ti permettevi di dire che era una cavolata t’iscrivevano d’ufficio fra i militi del regime che muore, sì come annunciare che fuori piove o c’è il sole sia già l’asservirsi alla lobby degli ombrellai, od a quella dei bagnini.
La ripresa c’era già prima, quando non c’era la morte clinica, ma il rischio più grosso è quello di passare da un’esagerazione all’altra. La ripresa è effimera, trascina l’Italia per la forza che dispiega altrove, ma non ha radici in riforme strutturali da noi fatte. Il nostro unico merito ha a che vedere con il mercato del lavoro, il resto è iniziativa privata, capacità di mettere al vento la propria vela senza che vi sia una flotta nazionale. Se oggi si cede all’abbaglio de “il peggio è passato”, così come ieri ci si rotolava gaudiosi nel “il peggio deve arrivare”, faremo il contrario di quel che dobbiamo: irrigidiremo il mercato, colpiremo l’occupazione, introdurremo vincoli, ci risparmieremo operazioni brutali sul debito, ci metteremo in condizioni insostenibili verso l’Europa e continueremo a far finta che tutta la colpa si coniuga al passato. Così spareremo nelle vele di quelli che vanno, e li eguaglieremo a quelli la cui prua è sotto le acque.
Poi c’è Fiorani che esce dal carcere. Avevo scritto che quella vicenda processuale attendeva il fermarsi delle bocce elettorali, ma non pensavo la giustizia fosse giunta al punto di metterlo nero su bianco. Adesso può uscire, le urne sono quiete, fino a quel momento si sono secretati i suoi verbali, per non interferire, e lui se ne stava dentro, per evitare che parlasse. Con i complici? No, con i giornalisti. Ora i regolamenti di conti si faranno senza ulteriormente chiedere un’opinione agli italiani, quindi chi se frega di quello che dirà, anzi, per precederlo, c’è il caso che arrivi prima qualche bel verbale segretissimo.
Dietro le urne s’agita l’Italia che non vuole cambiare, comunque. Davanti alle urne, invece, sfila una cittadinanza composta, seria, che non dà luogo ad alcun problema. I giornali s’affannano a trovare i tre casi in cui il crocefisso è stato contestato, come se tre soggetti su più di trenta milioni siano un campione. Semmai sono campioni, ma d’altro. O raccontano della bomba al seggio, meno di un petardo per il quale inseguire la “pista anarchica”. Roba ridicola. Invece va tutto bene, con gran civiltà, con cittadini di diverse opinioni che simpaticamente si prendono in giro, al bar o sul tram. Le condizioni perché la politica dica loro quali sono le cose da farsi ci sono, tutto sta a vedere se i vincitori sapranno pensarle e sapranno sostenerle.

www.davidegiacalone.it

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