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Lettera aperta al segretario del Pd

Caro Bersani se ci sei, batti un colpo

Tre domande per costruire una proposta forte e articolata: province, sanità e previdenza

di Enrico Cisnetto - 11 dicembre 2009

Caro Bersani, ho sinceramente apprezzato il fatto che Tu abbia disertato la manifestazione “viola”, con ciò dimostrando che non hai intenzione di connotare il Tuo Pd all’insegna del più becero giustizialismo e del più stupido anti-berlusconismo. E capisco pure che i distinguo con Di Pietro e soci non siano stati così netti come personalmente li avrei preferiti: mi è bastato vedere come è stato trattato Enrico Letta per aver detto che Berlusconi ha diritto di difendersi non solo “nel” ma anche “dal” processo, per capire quale problema di consenso Tu abbia se intendi, come spero, traghettare la cultura prevalente della sinistra dall’arido terreno del “contro” a quello fertile ma finora non coltivato del “per”. Ma con la stessa schiettezza, debbo dirTi che capisco molto meno la lentezza e la prudenza con cui la nuova segreteria si è mossa fin qui sulle questione economiche. E in particolare sulla Finanziaria.

Certo, è nota la tendenza ad espropriare il Parlamento da parte dei governi della Seconda Repubblica, e stando alle parole del presidente della Camera l’attuale esecutivo non fa eccezione, anzi. Ma a parte il fatto che anche quelli di centro-sinistra di cui Tu hai fatto parte non erano da meno, Ti pare possibile caratterizzare la linea dell’opposizione solo attraverso questa lamentela? La verità è che, come è accaduto fin dal primo giorno della legislatura, il dibattito – ma sarebbe meglio definirlo scontro – è stato tutto per linee interne al governo e alla maggioranza, e questo non solo per le loro oggettive divisioni ma anche per la vostra scarsa capacità di iniziativa politica.

Diciamoci la verità, caro Bersani: se anche il governo non avesse reso vano il lavoro della Commissione Bilancio della Camera e la discussione al Senato, che ora si vedrà recapitare un testo della Finanziaria completamente diverso da quello che ha votato, quale contributo avrebbe dato il Pd per rendere la manovra economica meno “scatola vuota” e più strumento per rendere compatibile lo sviluppo con la salvaguardia dei conti pubblici? E sì, perché il vero tema non è quello di riempire la scatola della Finanziaria con un bel po’ di provvedimenti di spesa, magari spesa corrente improduttiva ma capace di generare consenso, bensì quello di trovare le risorse necessarie a costruire la ripresa – che da sola non arriva, purtroppo – senza praticare il solito sport del deficit spending. E qui non è che sarebbe difficile muoversi: tra Tremonti che sostiene la linea minimalista e i suoi colleghi (Berlusconi compreso) che vorrebbero aprire il portafoglio, c’è una prateria davanti a voi.

Il ministro dell’Economia, infatti, ha ragione quando sostiene che non si può fare altro deficit e altro debito – anche perché la già terribile condizione della finanza pubblica è aggravata dalla caduta del pil (tra 2008 e quest’anno alla fine saranno sei punti in meno) – ma ha torto nel volerne concludere che l’unica cosa da fare è non fare. Viceversa, hanno ragione coloro che vorrebbero aiutare il Paese ad agganciare la ripresa mondiale, ma torto quando ipotizzano che la copertura di spesa possa venire da generiche quanto improbabili riduzioni degli sprechi.

Perché, allora, il Pd non si fa promotore di una proposta forte e articolata, che da un lato preveda quali voci del bilancio possono essere oggetto di riforme strutturali e dall’altro che dica come le risorse generate dovrebbero essere spese? Per capirci, il Pd è favorevole o meno alla riforma previdenziale attraverso l’innalzamento dell’età pensionabile che Tremonti non vuole – su questo punto è stato tanto chiaro quanto irremovibile – o ancora ragiona in termini “non facciamoci scavalcare a sinistra”? Il Pd intende incalzare il premier sull’abolizione delle Province – magari facendo dimettere in massa i propri presidenti e consiglieri provinciali – e più in generale sulla semplificazione di un quadro istituzionale assolutamente pletorico, o è ancora attardato difendere l’esistente perché in esso un po’ di sua gente, sempre meno per la verità, ha il suo orticello? Si vuole prendere atto del fallimento del trasferimento alle Regioni del sistema sanitario, oppure siccome in molte di quelle dove la sanità è in default c’è la sinistra al comando, allora è meglio tacere?

Caro Bersani, di tutto si può incolpare Berlusconi meno che di avere un’alternativa che nel migliore dei casi è sciapa (Pd) e nel peggiore pericolosa (Idv). E questo spiega perché sia ancora lì – e rischi di rimanerci – nonostante sia politicamente trapassato. Dunque, se ci sei, batti un colpo.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.