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Settimana calda

Cari Barilla, i servizi servono alla manifattura

In Confindustria si litiga per questioni di lana caprina, mentre la realtà del capitalismo è altra

di Enrico Cisnetto - 31 maggio 2013

Un salto all’indietro, un passaggio anti-storico. Non ha senso che la Confindustria si divida tra manifatturiero e servizi, anche se questa spaccatura si dovesse produrre solo con le imprese pubbliche o comunque con una presenza pubblica nel capitale. Conosco e apprezzo Guido Barilla, ma penso che questa volta abbia sbagliato la mira di una polemica, tra l’altro fatta alla vigilia dell’assemblea della confederazione e a un passo della riforma che la commissione guidata da Carlo Pesenti varerà, che se aveva come obiettivo di sottolineare il ruolo che deve tornare ad avere il comparto industriale nel capitalismo italiano, non ha sicuramente fatto centro.

Non perché il tema non meriti attenzione: negli ultimi anni la condizione reale e il profilo d’immagine delle aziende produttrici, specie di quelle più grandi e di quelle piccolissime, hanno subito rovesci. Ma il loro nemico non sono state, e non sono, le imprese del terziario, e neppure le utilities, che comunque valgono il 68% del pil contro il 32% del manifatturiero (indotto compreso). Al contrario, la divisione passa trasversalmente l’uno e l’altro fronte, separando le imprese che stanno sul mercato e hanno i numeri per farcela da quelle che sono destinate a soccombere. Barilla parla di conflitti d’interesse. Vero. Ma si tratta dei conflitti che contrappongono gli interessi delle aziende (e dei loro lavoratori) che sono in debito di ossigeno – per ragioni di prodotto, di capacità di competere sul mercato o di internazionalizzarsi – rispetto agli interessi di quelle (e quelli) che vanno bene e non hanno alcun vantaggio da trarre se le (poche) risorse a disposizione sono spese per difendere l’indifendibile e il trapassato.

Caro Barilla, ammesso – e in parte concesso – che in Confindustria i vertici siano tirati per la giacca da più parti, non sono convinto che il gioco che hai voluto denunciare sia quello da te rappresentato. Non so a quali aziende tu pensassi quando hai lanciato questo stralo, ma sono sicuro che converrai con me su tre cose. Primo: in molti casi è difficile distinguere dove finisce la manifattura e iniziano i servizi (penso, per esempio, alle aziende produttrici e distributrici di energia e alle società di telecomunicazioni). Secondo: che senza il supporto dei servizi, oggi le imprese industriali non vanno da nessuna parte. Terzo: pesa di più, negativamente, chi tenta di tenere aperte imprese decotte e mantenere posti di lavoro non più esistenti, rispetto a qualunque altro interesse, e che questi “conservatori” siano i veri “falsi amici” da cui conviene separarsi. O no?

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.