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Altro che ingrata

Cara Emma, alza pure la voce

Sbaglia chi accusa la Marcegaglia di aver tradito Governo e maggioranza.

di Enrico Cisnetto - 16 settembre 2011

Proprio non regge l’accusa di “tradimento” che in questi ultimi tempi esponenti del governo e della maggioranza hanno rivolto, a volte anche in modo greve, a Emma Marcegaglia e alla Confindustria. Ingrata? Semmai saranno loro ad essere ingrati se si lamentano di una componente sociale a cui si dovrebbe rimproverare – e il sottoscritto non ha mancato di farlo in tempi in cui si rischiava di beccarsi del disfattista – di aver fin troppo fiancheggiato l’attuale esecutivo, con rinnovati atti di fiducia che francamente non si capiva su cosa potessero poggiare se non sul vecchio principio che la Confindustria è sempre e comunque governativa per definizione. Ma questa reazione di fronte alla (tardiva) presa d’atto confindustriale che il governo non era in grado di esprimere una politica economica e che esponeva il Paese, come si è visto sui mercati, ad un pericolo di tipo greco, è anche il segno di una mancata comprensione dell’attuale stato d’animo della borghesia produttiva. Basterebbe leggere le dichiarazioni di imprenditori del Nord raccolte da alcuni giornali moderati – da Zonin a Giannino Marzotto, da Beraldo (Coin) a Buoro (Nice), da Pasini (Federacciai) a Barcella (Confindustria Lombardia) – per capire che gli “uomini del fare” sono preoccupati, delusi, incavolati. E che, dunque, la Confindustria non poteva e non può far altro che seguirne gli umori. Gli industriali trentini, con in testa Giulio Bonazzi (Aquafil), hanno sollecitato la Marcegaglia a “farsi sentire” scrivendole una lettera di incitamento ad alzare la voce.

Ma questo, semmai, la dice lunga sullo scollamento che si è creato tra il centro-destra e quelle categorie che sono state alla base del suo successo elettorale nel 2001 e nel 2008. Le quali, sia chiaro, non sono certo passate “dall’altra parte”. Anzi. Il fatto è che, finalmente, gli imprenditori hanno capito che il problema è il cattivo funzionamento del sistema politico nel suo insieme, è quel bipolarismo malato che ha caratterizzato l’intera stagione chiamata Seconda Repubblica. E, al netto di inevitabili punte di qualunquismo e di eccessi anti-casta, hanno anche compreso che voltar pagina non significa tornare ad alternare due coalizioni che, seppur per motivi diversi, hanno entrambe ugualmente dimostrato di non essere in grado di governare il Paese, bensì gettare le basi della Terza Repubblica. Cioè un sistema politico più ancorato al centro in modo da marginalizzare le ali, una legge elettorale nuova che favorisca l’incontro e non lo scontro delle maggiori forze politiche e ridia ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti, uno Stato semplificato (specie negli assetti del decentramento), un quadro di regole istituzionali rinnovato in modo condiviso. Ed è proprio su questo terreno che Confindustria deve fare un passo avanti: faccia proposte, si attivi. Lo fece con il referendum Segni – a mio avviso sbagliando – tanti anni fa, ci riprovi ora, possibilmente con più acume. Tanto, cara Emma, ti hanno già dato dell’ingrata traditrice, dunque tanto vale andare fino in fondo.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.