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Cdp e gli interessi italiani

Campioni nazionali

Dopo la divisione dal militare, a Finmeccanica serve un'aggregazione sul polo civile

di Enrico Cisnetto - 08 ottobre 2013

Non credo che per Finmeccanica, rimasta in Italia l’unica holding industriale hi-tech di grandi dimensioni, sia una buona cosa separare il settore militare da quello civile. Alla lunga, il militare finirà per essere fagocitato da un gruppo straniero e a quel punto la speranza è che ciò accada perché l’Europa, a fronte di un’integrazione della difesa, favorisce la costruzione di un soggetto continentale, e non perché altri facciano i predatori. Tuttavia, per fronteggiare un pesante indebitamento, è stata presa questa decisione. E allora tanto vale che il polo civile nasca nel migliore dei modi.

Per fortuna, anzi per merito di chi ci ha sempre creduto e ha lavorato a tal fine anche di fronte all’intestardimento per altre ipotesi, il primo passo va nella giusta direzione. Infatti, la cessione dell’85% di Ansaldo Energia al Fondo Strategico della Cassa Depositi e Prestiti, che per il futuro s’impegna a cercare partnership industriali, non solo ha evitato che la società genovese finisse in mani sbagliate – nella fattispecie i coreani di Doosan, destinati per fortuna ad uscire di scena al di là della cortesia di rito contenuta nei comunicati ufficiali – ma apre ora le porte alla creazione di una filiera nazionale elettromeccanica e dell’impiantistica energetica che può rappresentare, con 60-70 miliardi di fatturato e un’incidenza del 4% sul totale della spesa per ricerca e sviluppo, un punto di forza straordinario del nostro manifatturiero più moderno e avanzato.

A livello mondiale è prevista una crescita esponenziale dei consumi di energia elettrica, ma purtroppo la nostra filiera produttiva elettromeccanica ha fin qui faticato, a causa di intrinseche debolezze strutturali, a cogliere questa enorme opportunità che ora, con un polo aggregante come quello rappresentato dall’azienda guidata brillantemente da Giuseppe Zampini inserita in un contesto finanziariamente forte come quello di Cdp, possono invece essere agganciate. Come? Consolidando i player della filiera, oggi troppo piccoli e isolati.

Ma questo processo di aggregazione capace di dare vita a campioni nazionali in grado di competere all’estero e garantire solidità produttiva, continuità di sviluppo e occupazione, deve poter riguardare anche gli altri comparti che sono già presenti nel polo civile di Finmeccanica. Prima di tutto il comparto trasporti con Ansaldo Sts e Breda. E siccome Cdp ha già firmato un patto con Finmeccanica per lavorare ad un “riassetto e rafforzamento” del settore, cioè cercare partnership industriali per le due società, l’ideale è che questo avvenga anche per le altri parti del civile di Finmeccanica, come l’ex Elsag finita in Selex. Inoltre, un vero piano di politica industriale non può non definire se e quale rapporto deve esistere tra le diverse componenti destinate a diventare ex Finmeccanica.

L’idea migliore che circola è quella di riunirle in una holding, Finmeccanica 2, nella quale può essere studiata da parte di Cdp la confluenza di Fincantieri, che già la controlla. O meglio, della componente civile (ormai preponderante) della cantieristica, mentre quella militare potrebbe unirsi con la Finmeccanica rimasta a presidiare il settore della difesa. Poi gli accordi con i grandi gruppi internazionali che guardano con cupidigia ai nostri gioiellini si potranno, anzi si dovranno, fare. Ma da posizioni di forza, non piegati a 90 gradi. (twitter @ecisnetto)

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