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Corsi e ricorsi storici sì, ma con qualche farsa in più

C’è Cavaliere e Cavaliere

Da Mussolini a Berlusconi: la sindrome da grande capo (o del grande attore?)

di Elio Di Caprio - 11 settembre 2009

Siamo passati in pochi anni dai riconoscimenti di Fini a Benito Mussolini quale grande statista del novecento - ma dice (tuttora) le stesse cose anche Cossiga- a Silvio Berlusconi che si autoincensa come il miglior capo del governo dall’unità d’Italia.

Secondo la biografia di Benito Mussolini, “Dux”, stampata in lingua inglese e poi tradotta in tutto il mondo, curata da Margherita Sarfatti nel 1926 – un best seller internazionale dell’epoca – a regime più o meno consolidato, il sentire comune della gente, frastornata dalle tante violenze e dall’impotenza dell’opposizione di allora, poteva essere riassunto nell’espressione “dopo tutto è una fortuna che Mussolini c’è”. Ma allora non c’erano i sondaggi d’opinione che confermassero quanto riportato dalla Sarfatti.

Dopo tanti anni il “meno male che Berlusconi c’è” è il refrain propagandistico di Forza Italia, poi trasfuso nella nuova creatura del PDL. Ora non c’è dittatura , è vero, nonostante l’avviso contrario di tanto popolo della sinistra, c’è la libertà di stampa, ma emerge comunque l’eterna illusione che basti un solo uomo, autorevole più che autoritario, a raddrizzare il legno storto italiano.

E’ questo l’unico modo, si dice, per averla vinta sulle tante spinte contrapposte e rissose che impediscono decentemente a chiunque di governare in Italia. Ma di fronte alla sfrontata debolezza di un’opposizione che non ha nulla da dire, il “meno male che Berlusconi c’è” rispecchia piuttosto uno stato di fatto che sa più di assuefazione al meno peggio che non la convinzione effettiva di aver trovato la leadership giusta al posto giusto in grado di governare la complessa società italiana nei prossimi anni.

In apparenza tutto sembra ripetersi e ritornare, ricalcando vecchi modelli e richiamando qualche slogan consunto dal tempo. Ma tutto avviene in chiave più farsesca che reale. Il Berlusconi che messo in mora sulla sua vita privata dichiara spazientito di “non essere un santo” ricorda il Mussolini degli anni ’30 che, secondo alcune biografie, avrebbe dichiarato candidamente per giustificare le sue scappatelle extraconiugali ( ma non faceva dichiarazioni alla stampa) : “la mia carne non mi permette di essere un santo”.

Se ci fosse ancora Luigi Pirandello forse direbbe di Berlusconi quello che disse di Mussolini nel ‘35, esaltandolo come il più grande attore sulla scena italiana. Ma il contesto è completamente cambiato.

La realtà dei costumi politici (?) attuali è molto più prosaica e da basso impero se si arriva al punto che il giornalista-deputato Paolo Guzzanti possa richiamare allegramente la “mignottocrazia” che ci governa trascurando il fatto di essere stato eletto egli stesso nelle liste volute o approvate dal Cavaliere.

Tanto per rincorrere i paralleli storici, ci manca solo che il laico Gianfranco Fini chiami a raccolta gli scontenti di sinistra e di destra, diventi da bastian contrario dell’attuale maggioranza un convinto bipartisan-contrario e crei prima o poi un suo partito. Arriverà anch’egli a questo punto, come il Mussolini del 1914 a lasciare sdegnato il suo (?) partito di origine e a inserirsi nel cuneo della scarsa credibilità dell’attuale Capo del Governo e magari lancerà pure lui un anatema ai suoi ex compagni (o camerati) di cordata che lo odiano proprio perché ancora l’amano come narra la storia-leggenda a proposito dell’ addio del Duce ai suoi compagni socialisti prima di fondare il partito fascista? Tutto può succedere.

E, tanto per far rivivere vecchie atmosfere, la sinistra ha parlato di squadrismo mediatico, a proposito del caso Feltri-Boffo o, per essere più attuali, di nuovi pasdaran che proteggerebbero l’”uomo nuovo” al governo, anche a sua insaputa (?) costringendolo a rintuzzare gli attacchi dell’avversario e non andando tanto per il sottile neppure quando si tratta di dare addosso ai moralisti della Chiesa e del Vaticano. Vittorio Feltri e compagni come gli intransigenti ras di provincia di epoca fascista che vogliono indurre il Capo a non mollare, ma anzi a fare piazza pulita ( mediatica) degli avversari politici anche in casa propria?

Tra tanti colpi bassi tra destra e sinistra- questa destra, egoista e populista insieme, e questa sinistra priva di qualunque ancoraggio - nessuno sembra accorgersi del grottesco delle denuncie penali del Cavaliere a danno dei giornali “nemici”, ora un po’ meno laici di prima, da “Repubblica” a “l’Unità”: non è lo stesso premier a considerare la magistratura come estremo baluardo della sua onorabilità dopo che per anni ha accusato i magistrati di perseguitarlo per ragioni politiche?

Siamo a questo, ma non basta. Nell’ambito di una maggioranza che si voleva a prova di bomba, tra parole al vento e messaggi trasversali indirizzati a nemici apparenti per fini di potere neanche troppo reconditi, non si sa più chi è contro chi, perché e fino a quando.

Chi si raccapezza più tra la Lega che prima minaccia la Chiesa di voler denunciare il Concordato e poi la rassicura che i leghisti cristiani sono e saranno i nuovi crociati (contro chi? contro gli immigrati?) oppure un Gianfranco Fini che prima si batte perché nella Costituzione europea vengano inserite le radici cristiano-giudaiche dell’Europa e poi si erge a difensore della laicità dello Stato contro le ingerenze vaticane a proposito della pillola anticoncezionale del giorno dopo?

Se si mira a spodestare il Cavaliere si finisce in questo modo invece di rafforzarlo : almeno al Presidente del Consiglio, regista ultimo di tutte le mosse e contromosse mediatiche, si può riconoscere un’abilità superiore nel rinfocolare come nello smorzare le polemiche- lo vediamo anche a proposito dei rapporti con la Chiesa- nel mediare tra i vari interessi, nella capacità demagogica di presentarsi come colui che è più in sintonia con la volontà del popolo o della sua maggioranza.

A conti fatti risulta sempre lui (finora) l’”utilizzatore finale” degli errori altrui, colui che tira le fila dopo aver consentito intemperanze e dissensi. Alla fine è lui che si avvantaggia delle polemiche inconsistenti o pretestuose tanto dell’opposizione quanto della sua stessa maggioranza.

In questo bipolarismo distorto a creare un’apparenza di dialettica tra posizioni diverse sono rimasti solo il gossip e le parole al vento che possono benissimo essere smentite da un giorno all’altro. A questo punto meno male che il Cavaliere c’è, come si diceva del Cavalier Mussolini? Forse è vero: vista la situazione, il “meno male che Berlusconi c’è” ce lo meritiamo, forse ci meritiamo meno l’onnipresente avvocato Ghedini e i “fatali” sondaggi a portata di mano. Una sola cosa non sappiamo: come e quando la farsa finirà.

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