Josep Borrell a colloquio con Bouteflika
Bruxelles saprebbe sostenere Algeri?
Un paese in bilico tra modernizzazione e integralismo, di fronte a una Ue claudicantedi Antonio Picasso - 07 marzo 2006
Una missione non da poco. Il presidente del Parlamento europeo, Josep Borrell, è arrivato ieri ad Algeri per una visita ufficiale di tre giorni. Un viaggio impegnativo, il suo, sia per il Paese ospitante, quanto per l’alto rappresentante comunitario.
Perché Bruxelles, dal canto suo, continua a vivere la sua endemica crisi di identità. Il recente affare Suez-Enel ha messo in discussione anche quella base economica e di libero scambio interno ai confini europei che, finora, si era creduta inossidabile. Non solo, la questione delle vignette danesi su Maometto – pubblicate ormai da quasi tutti i quotidiani europei – e il caso dell’ex ministro italiano Roberto Calderoli, accusato di fascismo e razzismo dalla Libia, stanno minando la già difficile convivenza tra europei e immigrati di religione islamica.
Sul versante algerino, invece, si ha a che fare con un regime dichiaratamente laico, dove però il processo di democratizzazione ha assunto un’andatura troppo lenta. È dello scorso fine settimana la notizia che, entro giugno di quest’anno, la lingua francese sarà bandita anche dagli istituti privati. Si tratta di un’accentuazione dell’atteggiamento filo-arabo che il governo ha ormai assunto. Il sistema multipartitico nazionale, inoltre, risulta essere limitato. I soggetti politici, infatti, prima di poter fare il proprio ingresso nell’agone della politica algerina, devono ottenere il vaglio del ministero degli Interni. E nel frattempo, lo Stato detiene un assoluto monopolio dei mezzi di informazione. Dall’altra, e questo è il vero problema del Paese, l’Algeria sta vivendo dal 1991 una condizione di guerra civile sottocutanea e strisciante tra il potere legittimamente costituito e l’integralismo islamico, che ha causato la morte di più di centomila persone. Sottocutanea perché, ultimamente, la guerriglia sembra essersi assopita. Tuttavia, non è mai stata dichiarata una tregua e, con i chiari di luna che il mondo islamico sta attraversando, è necessario mantenere alta la guardia.
È anche vero, però, che sia l’Unione europea che l’ex colonia francese hanno espressamente manifestato l’intenzione di instaurare un rapporto di buon vicinato, collaborazione e apertura. Necessaria per entrambi questa politica di reciproca mano tesa. L’Algeria è un paese mediterraneo, uno dei più vasti di tutto il mondo arabo-islamico e anche del Continente nero. Questo la pone in un punto critico sulle dei grandi flussi migratori tra Africa ed Europa. È, inoltre, uno dei più importanti fornitori di gas per Francia, Italia e Spagna. Infine, è una “repubblica araba”, come l’Egitto, dove però il fondamentalismo e l’integralismo hanno saputo attecchire. La sua laicità, quindi, sta attraversando un lungo periodo di incertezza.
Un appoggio, in questo percorso, tornerebbe ad Algeri più che necessaria. E non è un caso che Reporters sans frontieres, l’associazione che si batte per la difesa della libertà di stampa, ha fatto appello a Borrell affinché chieda al presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, una modifica del codice penale per eliminare la detenzione in carcere come punizione per i reati a mezzo stampa, e la fine del monopolio dello Stato sui mezzi di informazione. L’Europa, in teoria, potrebbe risultare il partner adatto al raggiungimento di importanti obiettivi, in merito alla modernizzazione e alla completa democratizzazione algerina. Bisogna chiedersi, tuttavia, come possa Algeri trovare un sostegno in una Ue che già zoppica di suo.
Perché Bruxelles, dal canto suo, continua a vivere la sua endemica crisi di identità. Il recente affare Suez-Enel ha messo in discussione anche quella base economica e di libero scambio interno ai confini europei che, finora, si era creduta inossidabile. Non solo, la questione delle vignette danesi su Maometto – pubblicate ormai da quasi tutti i quotidiani europei – e il caso dell’ex ministro italiano Roberto Calderoli, accusato di fascismo e razzismo dalla Libia, stanno minando la già difficile convivenza tra europei e immigrati di religione islamica.
Sul versante algerino, invece, si ha a che fare con un regime dichiaratamente laico, dove però il processo di democratizzazione ha assunto un’andatura troppo lenta. È dello scorso fine settimana la notizia che, entro giugno di quest’anno, la lingua francese sarà bandita anche dagli istituti privati. Si tratta di un’accentuazione dell’atteggiamento filo-arabo che il governo ha ormai assunto. Il sistema multipartitico nazionale, inoltre, risulta essere limitato. I soggetti politici, infatti, prima di poter fare il proprio ingresso nell’agone della politica algerina, devono ottenere il vaglio del ministero degli Interni. E nel frattempo, lo Stato detiene un assoluto monopolio dei mezzi di informazione. Dall’altra, e questo è il vero problema del Paese, l’Algeria sta vivendo dal 1991 una condizione di guerra civile sottocutanea e strisciante tra il potere legittimamente costituito e l’integralismo islamico, che ha causato la morte di più di centomila persone. Sottocutanea perché, ultimamente, la guerriglia sembra essersi assopita. Tuttavia, non è mai stata dichiarata una tregua e, con i chiari di luna che il mondo islamico sta attraversando, è necessario mantenere alta la guardia.
È anche vero, però, che sia l’Unione europea che l’ex colonia francese hanno espressamente manifestato l’intenzione di instaurare un rapporto di buon vicinato, collaborazione e apertura. Necessaria per entrambi questa politica di reciproca mano tesa. L’Algeria è un paese mediterraneo, uno dei più vasti di tutto il mondo arabo-islamico e anche del Continente nero. Questo la pone in un punto critico sulle dei grandi flussi migratori tra Africa ed Europa. È, inoltre, uno dei più importanti fornitori di gas per Francia, Italia e Spagna. Infine, è una “repubblica araba”, come l’Egitto, dove però il fondamentalismo e l’integralismo hanno saputo attecchire. La sua laicità, quindi, sta attraversando un lungo periodo di incertezza.
Un appoggio, in questo percorso, tornerebbe ad Algeri più che necessaria. E non è un caso che Reporters sans frontieres, l’associazione che si batte per la difesa della libertà di stampa, ha fatto appello a Borrell affinché chieda al presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, una modifica del codice penale per eliminare la detenzione in carcere come punizione per i reati a mezzo stampa, e la fine del monopolio dello Stato sui mezzi di informazione. L’Europa, in teoria, potrebbe risultare il partner adatto al raggiungimento di importanti obiettivi, in merito alla modernizzazione e alla completa democratizzazione algerina. Bisogna chiedersi, tuttavia, come possa Algeri trovare un sostegno in una Ue che già zoppica di suo.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.