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L’argomento del rinvio a giudizio è sbagliato

Bisogna abbattere il clientelismo

Che sia la politica non i giudici a cacciare Bassolino, assumendosene le responsabilità

di Davide Giacalone - 03 marzo 2008

Il rinvio a giudizio non deve essere usato per chiedere le dimissioni di Bassolino. Ho sostenuto che Bassolino doveva essere mandato via. Ho scritto che se a Napoli ed in Campania esistesse una sinistra con idee sane e coscienza a posto dovrebbe essere in prima fila nell’imporgli d’andarsene. Confermo, naturalmente, perché il modo dissennato in cui è stato amministrato il commissariato, lo sperpero scandaloso di denaro pubblico, l’evidenza del disastro ambientale che ci diffama nel mondo, l’arroganza da cacicco di quest’uomo che non ha mai lavorato un’ora ed è sempre dipeso dalla politica, sono tutti ottimi motivi per accompagnarlo alla porta, anche in modo brusco. Ma l’argomento del rinvio a giudizio è sbagliato, tardivo e traditore.

Valeva anche per Cuffaro, tal quale: non c’è alcun obbligo formale di dimissioni, perché la presunzione d’innocenza resta intatta. Sta alla persona, semmai, valutare l’opportunità, e forse anche la convenienza delle dimissioni. Ed ha fatto bene Luigi Zingales, su l’Espresso, a ricordare che se Montezemolo si sente in dovere di chiedere le dimissioni di Cuffaro dovrebbe avvertire la necessità anche di quelle di Geronzi. E così via in un domino che ci porterebbe a dire che è bene essere governati, rappresentati ed amministrati solo da quelli che hanno il via libera delle procure. A quel punto avremmo chiuso lo stato di diritto, trasformandolo in stato di polizia. In tutti i casi pendenti si deve chiedere che la giustizia faccia il suo corso in tempi equi, il che equivale a dire che va rifondata, perché già è in morte apparente. Ma in nessuno si deve usarne l’iter in modo improprio.

E’ lo stesso ragionamento che facevamo a proposito dei candidati: tocca alla politica scegliere, assumendosene le responsabilità. Spostare altrove i criteri di selezione significa indebolire la politica, quindi rinunciare in partenza a combattere le corporazioni forti, che rendono l’Italia un Paese incivile e fermo. Da Napoli e dalla spazzatura si deve fare partire una battaglia politica, che parli dei mali nazionali e di un futuro diverso, che sappia spazzare via una classe politica parassitaria e clientelare. Se, poi, in un regolare processo e con una sentenza definitiva, si accerterà la responsabilità penale di taluni, che sia la galera ad occuparsene.

Pubblicato su Libero di domenica 2 marzo

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