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Le prospettive dell'Unione di centrosinistra

Bertinotti, un massimalista capace

Non sarà il leader di Rifondazione a impedire alla sinistra di governare se vincerà le elezioni

di Enrico Cisnetto - 14 aprile 2005

Ovvio che Fausto Bertinotti si opponga al mercato come elemento regolatore della società. Naturale che si batta strenuamente per i lavoratori dipendenti, anche a costo dell’intervento statale. Le sue radici ideologiche non possono che portarlo a questi lidi. Eppure, vale la pena di dire: magari fossero tutti come Bertinotti. Perché, mentre ci si inquieta per come farlo ragionare, o ci si arrovella sul modo di tenerlo a bada, è invece dell’arcipelago della sinistra più accesa che ci si dovrebbe preoccupare. Bertinotti passa per essere il campione del sordo e indomabile massimalismo. E invece è l’unico appiglio che i riformisti di sinistra hanno per sperare in un dialogo. Sì perché, al paragone con i suoi colleghi più rossi dell’Unione, un’osservazione del genere, in qualche modo, sbiadisce. Bertinotti, infatti, non è comunista. Non alla maniera di Cossutta, almeno. Cioè imbrigliato nei gangli di un Partito comunista ormai defunto. I quadri gerarchici delle Botteghe Oscure, che restano ancora i parametri della visione politica cossuttiana, non appartengono a quella di Bertinotti. Il leader di Prc, poi, non è iroso e angosciato, a differenza di alcuni esponenti del correntone Ds, Angius e Mussi, della “sinistra radicale”, Diliberto e Folena, populisti del calibro di Di Pietro ed ecologisti irresponsabili quali Pecoraro Scanio. Uomini, tutti questi, ormai arenati in un’opposizione unicamente critica e per nulla propositiva. Dediti, quotidianamente e unicamente, all’antiberlusconismo di piazza, monco di suggerimenti politici di peso. Infine, non si può dimenticare l’importante trascorso, del segretario di Rifondazione, nel mondo sindacale. Attività che gli ha permesso di affinare le tecniche di mediazione che spesso gli sono risultate utili. E se si osservano le mosse di Bertinotti degli ultimi mesi, non si può fare a meno di notare che, interviste a parte, quando “contava” davvero, il compagno Fausto ha sempre assunto posizioni più moderate, rispetto alla linea del suo stesso partito. Mettendo così a rischio la sua leadership. Di fronte all’opposizione interna, trotzkista (nel XXI secolo!), Bertinotti ha fatto muso duro. Ha puntato i piedi e ha fatto capire l’importanza di rinunciare alla vecchia “desistenza” per un pieno coinvolgimento nell’Unione. Certo, parlare di Prodinotti può sembrare esagerato, tuttavia a lui bisogna riconoscere il canale preferenziale che Prc ha a disposizione nel dialogo con il leader dell’Unione. Altro che massimalista quindi. Bertinotti sfoggia doti di un politico a 360 gradi. Lucido nella dialettica, sufficientemente realista – fondamentale per un leader – e pacato calcolatore. E i risultati concordano. Perché, se alle regionali Rifondazione ha fatto solo un magro 5,6%, ha comunque compensato espugnando la Puglia con Nichi Vendola. Niente male. Questo non significa che da Bertinotti ci si attende si tramuti nel più malleabile dei leader dell’Unione, ma solo che, a ben guardare, è quello con cui si potrà dialogare più piacevolmente, auspicando risultati concreti. Mentre i veri problemi per il centro-sinistra che si sente (senza esserlo) già di governo, giungeranno da altrove.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.