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Chi corre e chi arranca nell’Unione europea

Beati loro e poveri noi davvero!

Oltre i nostri confini, hanno saputo come investire, e bene, per far ripartire il treno

di Enrico Cisnetto - 02 maggio 2006

Beati loro, poveri noi. Mentre l’Italia è preda dell’ingovernabilità, Francia e Germania schiacciano l’acceleratore della crescita e dell’innovazione. Parigi ha lanciato la sua “tecnorivoluzione”, sei progetti dell’Agenzia per l’innovazione industriale voluta da Jacques Chirac, per i quali sono stati stanziati fondi pubblici pari a 3,7 miliardi di euro per quest’anno e il prossimo. Sulla scorta dell’esperienza degli anni Settanta, quando vennero lanciati Tgv, nucleare e Airbus, i francesi hanno finanziato i progetti con fondi sia pubblici (intorno al 40%, in media) che privati (anche di aziende non francesi). Si va dalla raffineria biologica che “estrae” plastiche dai vegetali anziché dal petrolio, alle tecnologie per la riduzione dei consumi energetici nelle case; dalla metropolitana con treni autoalimentati, al motore di ricerca europeo su internet; dalla televisione satellitare per apparecchi mobili, al motore ibrido diesel. Tutti settori innovativi e strategici, nei quali le aziende, senza l’aiuto dello Stato, non avrebbero avuto abbastanza forza (non solo finanziaria) per investire massicciamente, ma al massimo avrebbero potuto occupare, come succede a quelle italiane, nicchie di eccellenza, ma decisamente marginali e comunque impossibilitate a fare sistema. Insomma, una chance per stare nel nuovo mercato globale, alla quale gli imprenditori francesi si sono ben guardati dal rifiutare, così come nessun “liberista scolastico” si è sognato di mettere sotto accusa per eccesso di dirigismo quel rapporto Beffa – che ha selezionato i 67 poli d’eccellenza su cui investire, poi affidati alle agenzie per l’innovazione e per la ricerca – da cui discendono queste prime mosse di rivoluzione hi-tech. L’Italia, invece, in nome di una concezione ideologica del mercato, ha letteralmente cancellato la politica industriale, senza capire che il “fattore Asia” non permette più di difendere l’esistente, neppure per vivacchiare. Perché chi cresce può permettersi di fare shopping e rafforzarsi, mentre a chi langue tocca inesorabilmente il destino di preda.
Anche i tedeschi hanno scelto la loro strada per affrontare le sfide del futuro, con una politica industriale che per favorire l’export ha privilegiato la delocalizzazione ad Est delle attività produttive più mature e trasformato il made in Germany in made by Germany. E oggi arrivano i risultati: l’indice Ifo – che misura la fiducia degli imprenditori – ad aprile è di nuovo salito (per la quinta volta consecutiva) di 0,5 punti, mentre la disoccupazione è scesa di 40 mila unità, sotto la “soglia psicologica” dei cinque milioni, e questo ha permesso al governo di rivedere al rialzo le stime del pil (da +1,4% a +1,6%). La congiuntura nel paese della Grosse Koalition è abbastanza robusta per contribuire alla crescita anche delle altre economie europee, e per ridare alla Germania lo storico ruolo di locomotiva d’Europa.
Insomma, a ciascuno il suo: Francia e Germania sono leader d’Europa, l’Italia ha il primato del declino. Evviva.

Pubblicato sul Messaggero del 30 aprile 2006

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.