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Le zoppie che minano l’assetto istituzionale UE

Bce e poteri di vigilanza sulle banche

La svolta di Trichet in tema di vigilanza e politica monetaria

di Angelo De Mattia - 15 gennaio 2009

Nell’assetto istituzionale dell’Unione europea, non c’è solo la zoppia ricordata spesso da Ciampi – moneta e politica monetaria uniche, politica economica di competenza dei singoli Stati – ma anche l’altra zoppia, tra le suddette funzioni unitarie e la politica di vigilanza decentrata a livello di singoli paesi. Eppure, dopo l’agnosticismo e le indecisioni, la svolta è stata significativa: prima il Vicepresidente Papademus, poi il Presidente Trichet hanno prospettato l’esigenza di attribuire alla Bce poteri di vigilanza sulle banche.

A superare lo stato di surplace hanno concorso un primo bilancio della crisi finanziaria e la necessità di attrezzarsi meglio a fronteggiarla. Del resto, non è stata proprio la crisi che ha evidenziato il fallimento della vigilanza preventiva internazionale? Un’allocazione centralizzata delle attribuzioni di controllo per tutti i paesi dell’Unione europea (o, almeno, dell’Eurosistema) consente di disporre di informazioni incomparabili con quelle di un regime a frammentazione nazionale, migliora la tempestività degli interventi della Vigilanza, rende possibili sinergie tra gli strumenti di controllo e quelli di politica monetaria. Può rafforzare la tutela del risparmio. Può meglio monitorare e segnalare in anticipo le turbolenze. Più volte è stato riportato su Il Riformista come il trasferimento dei poteri in questione alla Bce ben potrebbe avvenire facendo ricorso all’art. 105, par. 6 del Trattato CE sulla base di una procedura che prevede l’intervento di più organi comunitari: Consiglio, Commissione, Parlamento, oltre allo stesso Istituto di Francoforte. Si constata ora con piacere che Trichet ha ipotizzato, anch’egli, la possibilità di ricorrere a questa previsione.

E’ vero che la Vigilanza ha molte connessioni con gli ordinamenti nazionali nei quali è incardinata. Tuttavia, la sua centralizzazione significherebbe pur sempre il mantenimento di un rapporto con gli organi di controllo nazionale sulla falsariga di quello che sussiste nella politica monetaria tra Bce, che la decide, e Banche centrali nazionali, che l’attuano. In una prima fase, il controllo dell’Istituto monetario potrebbe essere limitato alle banche transfrontaliere. Resterebbero fermi,a livello nazionale, il controllo di “prossimità” e le funzioni di collaborazione con la Bce. Ma dovrà estendersi l’armonizzazione normativa fino all’unificazione, a livello europeo.

La svolta di Trichet chiude anche una lunghissima, sterile discussione sui presunti conflitti d’interesse tra Vigilanza e politica monetaria. E’ assolutamente improprio immaginare che gli istituti di credito possano accrescere il moral hazard per il semplice fatto che le due funzioni coesistano in una Banca Centrale. Del resto, la crisi finanziaria segnala la débâcle di questo paralogismo, essendosi l’azzardo morale diffuso in sistemi dove Vigilanza e politica monetaria erano nettamente distinte. Così come la tesi sull’eccessivo potere che verrebbe ad avere un organismo che svolga le due funzioni non considera le responsabilità previste di fronte alla legge e alle autorità europee e i controlli che su di esso sono esplicabili.

Dove entrambe le attribuzioni, prima congiunte in uno stesso ente, sono state staccate – si veda il caso inglese della Vigilanza attribuito all’FSA - ora si pensa di riportarle alla compresenza (nella Banca d’Inghilterra). Non bisogna dimenticare che l’attività di Vigilanza è una funzione di magistratura economica, che si svolge puntualmente secondo la legge, dunque, secondo parametri oggettivi; non è chiaro perché ad essa si dovrebbe subordinare la politica monetaria. Spesso, non di obiezioni fondate si è trattato, ma di aporemi sostenuti per niente affatto apprezzabili ragioni di critica aprioristica nei confronti dell’Istituto di via Nazionale negli anni in cui disponeva di poteri in entrambi i settori, prima della moneta unica.

Ora, però, si sbaglierebbe se, come appare in qualche dichiarazione, si dovesse spostare alle calende greche l’attuazione di una scelta sulla quale si registra un’ampia convergenza, anche da parte di chi preferirebbe un organismo europeo unitario di controllo del credito e della finanza (nonché, eventualmente, delle assicurazioni) e tuttavia condividerebbe la scelta della Bce, se a carattere transitorio. Un ostacolo, come al solito, potrebbe venire dall’Italia, dove è ancora nel limbo la sovente auspicata – e sovente dimenticata - riforma delle Authority, sulla quale sarebbe interessante conoscere l’opinione del Ministro Brunetta che, a volte, ha prospettato di voler passare alla fase in cui si occuperà della riforma della struttura e dell’organizzazione della Pubblica amministrazione (che dovrebbe riguardare anche, e forse per primi, i “rami alti”). Perdipiù, non ha ancora avuto conclusione quella che rischia di diventare la telenovela del riordino della proprietà della Banca d’Italia. E’ vano sperare (spes contra spem) in una svolta?

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