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Public Policy

Legge anticorruzione

Basta la parola

I signori senatori che hanno votato la fiducia e il ddl anticorruzione non hanno trovato la forza e la voglia per dire che il testo loro sottoposto è un manifesto propagandistico.

di Davide Giacalone - 19 ottobre 2012

Un Senato compatto, direi monolitico ha votato a favore del disegno di legge anticorruzione. I pochi contrari avevano motivazioni politiche. Benché adeguatamente remunerati e garantiti, i signori senatori non hanno trovato la forza e la voglia per dire che il testo loro sottoposto è un manifesto propagandistico. Il governo, che aveva apposto la fiducia, ha commentato trionfalmente, ammiccando a un epocale salto di qualità. Tanta bella retorica, ma ben poca sostanza. Nello scriverlo corro il rischio di vedermi iscritto d’ufficio al partito dei corrotti e dei loro amici. Sgradevole. Ma, sarò sincero, meno vergognoso che militare giulivi nel partito dei falsi, degli ipocriti e dei cretini.

Prima di dettagliare il perché di un giudizio così severo, e a scopo autodifensivo, desidero riassumere quella che credo sia la sola ricetta capace di combattere la corruzione: giustizia funzionante e pena certa. Nelle leggi possono scriverci quel che pare loro, ma finché non funzionerà la giustizia (e in Italia non funziona) resteranno grida al distratto cielo. In quanto alla trasparenza, ecco la ricetta: tutto digitale, tutto on line, tutto consultabile. Costa meno e rende di più. Fine.

La lettura del maxi emendamento non è semplice. I suoi 84 commi sono lì a presidiarne il linguaggio repellente. Alla prima lettura, pertanto, mi hanno colpito le prescrizioni generali, le buone intenzioni precauzionali. Tutte di disarmante ingenuità, per non dire inutilità. Impossibile una disanima puntuale, perché occuperebbe troppo spazio. Anche gli esempi utilizzati sono passibili di sviluppi interessanti. Alcuni grotteschi. Ma spero che anche solo toccando alcuni punti sia possibile restituire la sensazione di vuoto, che dall’insieme si trae.

1. I corsi di etica e di legalità. La Scuola superiore della pubblica amministrazione, nella nuova era dell’onestà, è incaricata di predisporre percorsi di formazione, per i dipendenti, sui temi dell’etica e della legalità. E’ un vero peccato non avere tutto quel tempo da perdere, perché sarebbe stato interessante partecipare. Parteciperanno, invece, obbligatoriamente e ripetutamente, tutti coloro che lavorano in uffici particolarmente esposti alla corruzione. Comitive pittoresche. Nel frattempo metteranno il cartello: lo sportello è chiuso perché l’impiegato sta frequentando un corso su come evitare che voi lo corrompiate.

2. L’elenco antimafia. Fin qui esisteva il certificato antimafia, che era una vera e propria bufala, perché io stesso autocertificavo non solo di non essere mafioso (anche Tano Badalamenti lo negava), ma di non essere sottoposto a indagini per quel reato. Salvo che potevo essere sotto indagine e non saperlo, per ragioni di segreto investigativo. Quando questa sarà legge, invece, ci sarà un elenco delle ditte fornitrici e degli appaltatori “non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa”. Lo terrà il prefetto. Scusate, ma se hanno tentato d’infiltrarmi e io ho resistito, mi escludono le stesso? Resto escluso anche se qualcuno mi accusa, ma sono innocente, nelle more di un processo quindicennale? Se non mi trovo nell’elenco sono indagato? Nel qual casa salta il segreto investigativo. L’elenco del prefetto si basa su risultanze giudiziarie, nel qual caso è inutile, perché i condannati risultano tali in qualsiasi casellario giudiziario, oppure si ispira a criteri diversi? Nel qual caso sarebbe simpatico sapere quali. Va a finire che nell’elenco ci entro se autocertifico che non sono mafioso, e siamo punto e a capo.

3. Una nuova autority, evviva. E’ istituita una nuova autorità, intitolata all’anticorruzione. A suo capo ci sarà un commissario anticorruzione, che dovrà essere un prefetto o un magistrato (vedi il punto 7). Questa roba sarebbe l’evoluzione di Civit, che fu un fallimento. Ne è ben consapevole l’attuale ministro della Funzione pubblica, che ne era membro. Adesso avranno più compiti, più poteri e più settori d’intervento. Vuol dire che fra dieci anni avremo gli stessi problemi e un carrozzone in più. Possibile che sia così difficile capire che in un sistema di diritto come il nostro, nel quale puoi ricorrere contro ogni atto amministrativo e accedere a qualsiasi tribunale, trascinando le cause per anni, le autorities non possono funzionare? Lo sostenevo venti anni fa per le comunicazioni, e il risultato è davanti agli occhi di tutti. In compenso il dipartimento della Funzione pubblica preparerà un “piano nazionale” contro la corruzione, che dovrà essere approvato dall’autority. A parte l’assurdità del piano, mica male la spiritosata di sottoporre un testo governativo ad autorità esterna, non al Parlamento.

4. Influenze illecite. Veniamo al penale: sarà punito, con la reclusione da uno a tre anni, il mediatore che prometta di influire su un pubblico ufficiale, in modo da fargli commettere un atto contrario ai doveri d’ufficio, o fargliene omettere uno conforme. Il reato esiste anche se il mediatore neanche conosce il pubblico ufficiale. E qui ho avuto bisogno di rileggere. Ecco cosa ne ho tratto: se lo conosce e in effetti ha influito becca la condanna, se non lo conosce, però, il reato già previsto è quello di “millantato credito”, che si punisce con la galera fino a cinque anni. Quando questa legge sarà approvata tutti i millantatori dichiareranno d’essere influenzatori illeciti, ottenendo uno sconto di pena o, più probabilmente, la prescrizione. Nel frattempo finiranno nei guai i lobbisti, che svolgono funzione legittima e regolare, se non fosse che in Italia non è regolamentata, sicché ciascuno sarà accusabile, a piacimento del magistrato. E siccome il reato esiste anche se l’influenza va a vuoto (è come il confetto Falqui: basta la parola), ci sarà la possibilità che qualsiasi pubblico ministero in cerca di visibilità possa intervenire per ogni dove. Sarà un effetto circense.

5. Sdoppiamento della concussione. Ci sarà quella per induzione (della serie: suvvia, mi faccia il piacere, faccia come le dico) punita meno di reati che consideriamo minori. Quindi praticamente non punita, perché in quei tempi i processi non si concludono mai. E ci sarà quella per costrizione (o fa come le dico o io …), ma vale solo per il pubblico ufficiale. Salvo il fatto che per l’incaricato di pubblico servizio (figura di minore rilievo, ma che ha status di gestore di un servizio pubblico) varrebbe l’estorsione, che, con le aggravanti, porta la pena sopra quella del pubblico ufficiale. Il che non è solo illogico, ma anche incostituzionale.

6. I condannati non possono candidarsi. Credevo fosse già in vigore, quale pena accessoria che prevede la perdita dei diritti politici (ma anche quando inventarono il reato di stalking pensavo già esistesse quello di molestie, devo aver frequentato testi truffaldini). Ma qui si tratta di una più puntuale previsione di quanti, condannati in via definitiva, perdono tale diritto. Puntuale? Mica tanto, perché si delega il governo a precisare di cosa e di chi si tratta. Il governo dovrà stabilire chi può partecipare alle elezioni. Non il Parlamento. Lo troveri grave, se non fosse che trovo esilarante il fatto che i partiti, nel frattempo, hanno infarcito le loro liste sicule di gente che deve ritirarsi (falsamente) giacché variamente compromessa.

7. Magistrati fuori ruolo. Sono quelli che non fanno i magistrati, ma un altro mestiere, ma restano magistrati (come il commissario anticorruzione). Diceva il testo di partenza: dopo dieci anni basta. Dice il testo di arrivo: dopo dieci anni basta, ma senza contare quelli che già fatti. Vuol dire che restano magistrati quanti, alla fine, sono stati venti anni in un ministero, in un’autorità o a fare chissà cosa d’altro. E questi signori, un giorno, dall’alto della loro indipendenza, mi giudicheranno.

Per questo vado a letto sereno: perché siccome difendo i contribuenti tartassati m’hanno già iscritto al partito degli evasori e adesso entro nella segreteria di quello dei corrotti, ma, appunto, è sempre meglio che stare nell’associazione nazionale sparacavolate.

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