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Referendum elettorale: “la ballata dei pirla”

Bailamme all’italiana

Dalla padella del porcellum nella brace del superporcellum

di Massimo Teodori - 03 giugno 2009

Quando leggerai Prima la “ballata dei pirla” intorno al referendum sulla legge elettorale sarà al culmine. Se il 21 giugno il voto referendario dovesse ottenere il quorum del 50% dei votanti con la vittoria dei “Sì”, cadremmo dalla padella del nobile porcellum nella brace di un nobilissimo superporcellum. Se, invece, il quorum non venisse raggiunto perché gli italiani andranno al mare, allora avremmo sprecato parole, parole, parole, senza alcun costrutto.

Perché ballata dei pirla? Perché nessuno la racconta giusta e tutti tentano di fregare il prossimo. Cominciamo dai promotori, Giovanni Guzzetta e Mario Segni. Il primo, con lo zelo del neofita, e il secondo, con l’ostinazione del routinier, si sbracciano per convincere che il referendum dà più potere ai cittadini.

Una autentica mistificazione: se oggi il Parlamento è nominato da una decina di capipartito che per la propria lista scelgono, nel migliore di casi, gli amici politici e, nel peggiore, parenti, clienti e veline, con il “Sì” referendario il capo dell’unico partito vincente, leggi Berlusconi, nominerebbe la maggioranza assoluta della Camera, ovvero 346 deputati su 630 (il 55%), acquisendo legittimamente il potere di fare il bello e il cattivo tempo senza alcun controllo.

Sul lato opposto la figura del principe dei pirla spetta a Dario Franceschini. Con l’aria del boy scout, faccia pulita ed eloquio fluente, ha ripetuto all’infinito che il referendum doveva tenersi lo stesso giorno delle europee per raggiungere il quorum, e che lui, comunque, voterà “Sì. Si è trattato di furbizia con il retropensiero che tanto i suoi auspici non si sarebbero avverati, ovvero una manifestazione di pura scempiaggine per non avere saputo calcolare gli effetti disastrosi della sua decisione?

La risposta la danno i suoi stessi compagni che hanno cercato in fretta di mettere una pezza. Nel Partito democratico regna il caos con ognuno che va per conto suo. Massimo D’Alema non ci sta sul referendum e così pure Francesco Rutelli, per cui il Guzzetta attacca: “Rutelli, e soprattutto D’Alema. E’ lui che incarna al massimo livello la sindrome dei perdenti”.

Replica il senatore Vannino Chiti: “Vogliamo togliere il Pd dai guai in cui si è messo decidendo di stare accanto ai referendari”; e si mobilita per l’astensione Stefano Passigli, ex-Ds ora Italia dei Valori, che raccoglie i pezzi da novanta della gauche caviar, da Umberto Eco a Inge Feltrinelli, da Claudio Abbado a Maurizio Pollini…

Chi poteva guidare il fronte dei furbastri se non Silvio Berlusconi? Zitto, zitto, da sornione che pensa al suo interesse, ha lasciato libero il campo alle fasulle prese di posizione dei pirla referendari compreso il boy scout Franceschini, per uscire infine allo scoperto dichiarando che lui, al referendum, avrebbe votato “Sì”. E come poteva essere altrimenti?

E’ successo come al tennis quando l’avversario ti alza la palla per una bellissima schiacciata di cui subito tu approfitti. Vedremo come andrà a finire. Sono però sicuro che fino alle europee del 7 giugno il Cavaliere starà zitto sull’argomento, e poi, nelle ultime settimane, farà un’accanita campagna per mandare tutti i suoi a votare ”Sì”, e quindi fregare in un colpo solo Guzzetta, Segni, Franceschini e i suoi alleati della Lega che non a caso hanno fatto fiamme e fuoco.

L’altro principe dei furbastri non poteva che essere Tonino Di Pietro. Sapendo benissimo che se il referendum producesse risultati positivi, svanirebbe il suo sogno populista di divenire l’alter ego del Partito Democratico, ma volendo lo stesso dar sfogo alla sua demagogia, dapprima si è sbracciato per spiegare che il referendum è un’arma formidabile per dare la parola ai cittadini, e poi ha dato l’ordine di buttarlo a mare astenendosi.
In tanto bailamme – ahinoi! – una parola di buon senso “democratico” è venuta solo da Umberto Bossi. Per cui, oggi, sono costretto a gridare “Viva il Senatur”.

Pubblicato da “PRIMA comunicazione” maggio 2009

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