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È il momento che le banche decidano

Autosufficienza o attendismo?

Il verdetto della Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria

di Angelo De Mattia - 10 marzo 2009

Dopo il quadro dell’economia mondiale –tratteggiato ieri da Trichet parlando a nome del Gruppo dei dieci presso la Bri di Basilea – nel quale al rallentamento, all’incertezza e alla mancanza di fiducia fanno da contrappunto elementi positivi con una prospettiva di ripresa non lontana, domani si riunisce, presso il Tesoro, il Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria. Le riunioni di questo organismo sono ormai frequenti, ma non certo di routine o, almeno, non di routine dovrebbero essere considerate. Quella di domani è una seduta che sopravviene dopo il varo sulla normativa di attuazione sui Tremonti bond e dopo i negativi andamenti dei mercati.

Se il Comitato ha una ragion d’essere – e certamente ce la ha – allora sul monitoraggio i cui risultati in quella sede vengono valutati sarebbe opportuna un’informativa all’esterno più penetrante e articolata della altre volte. Se prioritario è ricostituire la fiducia – non certo con operazioni di mera facciata – allora pure il Comitato dovrebbe concretamente operare a questo fine. Finora sono state importanti le comunicazioni della Banca d’Italia, in particolare quella contenuta nel discorso del Governatore Mario Draghi al Forex sul sistema bancario italiano solo marginalmente appesantito dall’eredità del passato.

In effetti, la crisi finanziaria ci ha condotto al punto in cui anche il più giustificato riserbo può essere visto come dovuto all’intento di non far conoscere situazioni gravi e complesse. Poiché le cose non starebbero affatto in questo modo, è bene, per esempio, illustrare in via definitiva la situazione italiana nei confronti dei titoli tossici posseduti da intermediari bancari, finanziari e assicurativi, mettendo così fine a un tormentone che, difficilmente, cesserà senza un atto del genere.

L’argomento è strettamente legato alle obbligazioni speciali che le banche potranno emettere e il Tesoro potrà acquisire. Ieri, il Presidente del Consiglio, modificando alcune precedenti dichiarazioni, ha fatto presente che non c’è una sola banca che abbia chiesto aiuto allo Stato. E’ evidente il riferimento all’autorizzazione all’emissione delle obbligazioni in questione. Ciò è, allora, sintomo di autosufficienza, come pure potrebbe suggerire una delle interpretazioni della frase del premier o è mero attendismo? Concorrerà a questo stato di surplace, se così è, la corrispondente normativa con i vincoli operativi che potrebbero arrivare a configurarsi come ingerenze amministrative?

A questo proposito, proprio domani si riuniscono, al Ministero dell’Interno i Prefetti italiani per approfondire i compiti di controllo sull’erogazione del credito irritualmente loro assegnati. E’ anche il timore di avere dei supercontrollori o dei “mediatori”, che si teme possano essere sbilanciati nei confronti degli aspiranti ad accedere al credito, che spinge le banche a indugiare?

Oppure ciascuno degli istituti potenzialmente interessati non vuole apparire come il primo che ricorre ai Tremonti bond? E ciò, nonostante che si sia più volte affermato che la possibilità di dare corso a queste emissioni è riconosciuta a istituti sani, anche nel presupposto che le risorse dovranno servire ad accrescere la massa dei finanziamenti da erogare alle medie e piccole imprese. Dunque, non si correrebbe il rischio dello stigma di cui si è parlato con riferimento ad altre ipotesi: quelle, per esempio, dell’intervento dello Stato nel capitale delle banche che non presupponevano un’identica condizione delle aziende di credito richiedenti.

Si tratta, allora, dell’esigenza di riflettere ancora nei competenti organi deliberativi ai quali sottoporre la valutazione sia degli oneri economici sia di quelli amministrativi connessi all’emissione delle obbligazioni in questione? Quali che siano le ragioni, sarebbe opportuno, a questo punto, che gli indugi – se di essi si tratta – fossero troncati e si passasse a una decisione conclusiva, positiva o negativa che sia, anche per poter valutare l’adeguatezza a tal fine delle risorse stanziate dal Governo (che, almeno sulla carta, sotto alcune condizioni, non risulterebbero sufficienti). Non bisogna dimenticare che dei Tremonti bond si parla dal mese di novembre 2008 e che la possibilità della loro emissione è stata introdotta con decreto legge il 29 di quel mese.

E’ stato più volte sottolineato il lungo lasso di tempo intercorrente per rendere operante questa misura. Ma ora sono le banche a dover pronunciarsi o, comunque, agire, a meno che risulti che esse effettivamente non abbiano interesse ai suddetti bond. Se i vincoli previsti sono ritenuti eccessivi, allora lo si rappresenti e si valuti la possibilità di pervenire, nell’apposita convenzione, a una loro diversa configurazione. Una svolta operata dal Comitato per la stabilità sul piano della maggiore trasparenza agevolerebbe l’accelerazione delle decisioni da parte delle banche e, anche in questo caso, metterebbe fine alle ipotesi che si inseguono sull’ammontare del ricorso ai Tremonti bond da parte di questo o quell’istituto.

Sempre ieri, Trichet ha sottolineato che il forte impegno delle Autorità e dei Governi a non far fallire istituzioni con un’importanza sistemica non è stato ancora valutato appieno da parte dei mercati. Che il progettato rafforzamento patrimoniale degli istituti venga conclusivamente definito è un modo per contribuire - per quel che riguarda l’Italia che si trova in condizioni diverse da quelle di altri Paesi - a far riconoscere adeguatamente il ruolo di sostegno svolto dalla mano pubblica.

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