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Non è ancora finita, ci aspetta il referendum

Archiviate sicumere elettorali

E dopo? Con regole nuove, comincia la lunga via per diventare un paese normale

di Elio Di Caprio - 31 maggio 2006

Se fossimo in un “ Paese normale” , quello vagheggiato qualche anno fa da Massimo D"Alema, dopo le prove elettorali politiche ed amministrative combattute su persone, aspettative, insofferenze, falsi problemi, sarebbe ora di mettere da parte le sicumere dei vincitori e le ansie di rivincita dell"opposizione per dire finalmente agli elettori frastornati quali sono i veri problemi italiani e quali sono le soluzioni, non necessariamente alternative, per invertire un declino che è politico prima che economico.
E invece saremo chiamati a breve – l"ennesima volta – alle urne per un referendum che è ancora per i più un oggetto misterioso, un sentito dire su federalismo sì o federalismo no, su devolution sì e devolution no. Questa volta si tratta di confermare o respingere le riforme costituzionali del centro-destra, concepite e dibattute dai cosiddetti “saggi di Lorenzago” nel chiuso di una cascina di montagna, dove ha prevalso più che lo spirito costituente la volontà di affastellare assieme una serie di articoli-proposte – alcuni condivisibili negli scopi ma tutti privi di un disegno organico coerente – in cui potessero riconoscersi le confuse aspirazioni di partiti lontanissimi tra loro, come An e Lega.
Ne è risultato un compromesso quasi analogo a quello di programma che ha consentito al centrosinistra di intessere un manifesto preelettorale dettagliato di 280 pagine in grado di tenere buone e legate le diversissime componenti della sua coalizione. Con la differenza che il centrodestra non si è limitato ad una proposta, ma è arrivato a dare addirittura rilevanza costituzionale ad una riforma imposta alla minoranza nella precedente legislatura.
Si era partiti con il piede giusto per eliminare le conseguenze più disastrose della precedente riforma dell"articolo V della Costituzione – vedi la maldestra divisione delle competenze tra Stato e Regioni – ancora in vigore. Ma poi è prevalsa nel centrodestra la tentazione di allargare il raggio d"azione con una riforma alternativa, fino a includervi una devolution accelerata, la modifica dei poteri del Presidente del Consiglio, la riforma del Senato eletto su base regionale eccetera.
Ma la materia costituzionale che attiene al funzionamento delle istituzioni, dal Parlamento, al Governo, alle autonomie locali, è troppo importante per porvi mano in maniera improvvisata al solo scopo di dare un purchessia segnale di cambiamento.
Bastava il cattivo esempio del centrosinistra con la sua riforma federalista.
Il programma elettorale dell"Unione, che ha discettato di tutto e su tutto, da pagina 9 a pagina 18 tratta ampiamente delle autonomie locali, del federalismo fiscale, del bicameralismo perfetto da superare con un Senato delle Regioni, dei poteri del presidente del Consiglio, dell"interesse della Repubblica – chissà perchè non più chiamato interesse nazionale – che dovrà prevalere su quelli regionali in casi particolari.
Il centrosinistra sembra comunque voler correggere la sua stessa riforma, le tematiche del suo programma in proposito non sono poi tanto diverse da quelle del centrodestra, cambiano solo le soluzioni. Se non altro promette, e questa è già una garanzia, che in futuro non procederà più a colpi di maggioranza, perché “ la Costituzione si cambia insieme”
Quando poi si tratterà di passare dalle parole ai fatti, ci si renderà conto che, a prescindere dai risultati del prossimo referendum, non si possono lasciare le riforme costituzionali, che pure devono essere applicate, in terra di nessuno. Basterebbe pensare alle clausole di attuazione del federalismo fiscale e ai suoi costi.
Non possiamo pretendere che l"opinione pubblica abbia le idee chiare sul referendum confermativo prossimo venturo quando le classi politiche che la rappresentano sono le prime responsabili della confusione che si è determinata in una materia che per definizione è complessa e articolata. Certamente la disinformazione è tanta e sarà ancora più accresciuta dal carattere elettoralistico e di sfida che si vuole imprimere alla consultazione referendaria.
Ma poi per andare avanti e ripartire non ci sono altri referendum.
Toccherà alla coalizione di maggioranza di riprendere l"iniziativa. Ma se lo farà centellinando le modifiche costituzionali sulla base del suo programma elettorale, dovrà come minimo destreggiarsi tra spinte e interpretazioni diverse su cosa si può fare e cosa non si può fare per non tradire lo spirito della costituzione. Peserà il condizionamento dell" ala radicale.
Sarebbe troppo aspettarsi un soprassalto di responsabilità comune di maggioranza e opposizione per rimediare agli errori passati e ripartire su nuove basi.? Al di là delle retoriche di comodo sui valori della Costituzione e sulla sua inviolabilità.

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