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Blitz della finanza nello store di Milano

Apple a mozzichi

L'ennesima battaglia contro i colossi della new economy. Loro continueranno a creare ricchezza, ma lontano dall'Italia

di Enrico Cisnetto - 22 novembre 2013

L’economia è globalizzata, la finanza non ha confini, viviamo nell’Unione europea, eppure ci ostiniamo a comportarci come se vivessimo in un’autarchica isola separata dal resto del mondo. Accade, infatti, che la Procura di Milano contesti alla Apple di aver “nascosto” al fisco incassi pari a poco più di 1 miliardo di euro in due anni. Il problema, però, è che la Apple ha semplicemente adottato un tradizionale e diffusissimo schema (il transfer pricing) che adottano le multinazionali, consistente nella compravendita di beni e servizi fra le varie società interne ad un gruppo transnazionale in modo che, sfruttando la diversa nazionalità di ciascuna controllata, i profitti e i bilanci possano essere contabilizzati nella legislazione fiscale di maggior vantaggio.

Ed è proprio questo il punto: la Apple produce in Cina, assembla in Irlanda per il mercato europeo, paga le tasse sul copyright del software nei Caraibi, e via dicendo. Come ogni impresa globale che deve fare profitti e non beneficenza, utilizza gli strumenti a disposizione a suo favore, come la nazionalità della varie filiali; l’importante è che rispetti le leggi. E infatti nessuno tutti accolgono la Apple, giustamente, come creatrice di ricchezza e occupazione, perché altrimenti può sempre andarsene altrove a fare profitti. Tranne noi.

L’Italia, nonostante sia un paese già decisamente ostico per chi vuole fare impresa, piuttosto che chiedere l’armonizzazione fiscale internazionale scoraggia gli investimenti e punisce comportamenti che sono leciti ovunque, anche nella stessa eurozona. Le aziende che competono nel mondo globale non hanno nazionalità, sicché la concorrenza fiscale non andrebbe criminalizzata, ma vissuta come un’opportunità per migliorare il proprio sistema di tassazione, senza pretendere che sia un tribunale a decidere.

Insomma, una sfida globale al rialzo, e non localistica e al ribasso. La magistratura, invece, ha mandato con la fanfara la Finanza nel negozio Apple di San Babila a Milano, perché – ed ecco la motivazione – anche le compravendite “infragruppo” devo svolgersi in base ad un “prezzo normale”. Ma in un’economia di mercato il prezzo lo fanno domanda e offerta, non certo la legge di un singolo Stato e meno che mai la sua magistratura. Un’altra fantasiosa battaglia nella guerra (persa in partenza) contro i colossi globali della new economy, i più grandi creatori di ricchezza, sviluppo e tecnologie attualmente sulla faccia della terra. E che sempre di più lo saranno nel futuro. Ovviamente, lontano dal Belpaese. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.