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Siamo pericolosamente in ritardo

Appello al Parlamento

Serve un tavolo riformista per cambiare il Porcellum

di Enrico Cisnetto - 18 ottobre 2010

Cari riformisti, sulla legge elettorale, vera assicurazione sulla vita politica di domani, siamo pericolosamente in ritardo. Infatti, oggi è Schifani che impone la primazia del Senato sulla Camera, bloccando sul nascere le mosse di Fini. Domani sarà Berlusconi che, se non ha perso la sua proverbiale furbizia, farà il gran gesto di concedere il ritorno delle preferenze – vero tema popolare, le altre sono astruse tecnicalità – in cambio di una modifica al Porcellum che gli consenta di fare agevolmente il pieno anche al Senato.

E così tutte le aspirazioni di arrivare alle prossime elezioni – anticipate, come è probabile che sia, ma anche no – potendo contare su un diverso e più sano modo di contare i voti, saranno ancora una volta frustrate. Questo è il pericolo che vedo all’orizzonte, e dico molto chiaramente che se così stanno e staranno le cose, la colpa non è e non sarà di chi, legittimamente, ha interesse a mantenere il combinato disposto dello sbarramento e del premio di maggioranza – obbrobrio che non esiste in nessuna parte del mondo – ma di tutti coloro che pur avendo voglia e interesse a cambiare la legge, non sono e non saranno stati capaci di mettersi d’accordo di farlo.

Perché una cosa è evidente: il fronte anti-porcellum è diviso, e se si crede di poterlo unire continuando ciascuno a recitare le proprie idee sperando di convincere della loro bontà gli altri, non si andrà da nessuna parte così come è stato fin qui.

Dunque, va seguita una strada diversa: convocare tutti i potenziali anti-porcellum rappresentati in parlamento – quindi è bene che i professori stiano a casa – e chiedere loro di condividere prima di tutto una premessa e un metodo, e poi un patto. La premessa: qualunque legge elettorale di stampo europeo, cioè felicemente sperimentata in qualche paese che abbia elementi in comune con il nostro, è meglio di quella esistente.

Il metodo: ci sediamo intorno ad un tavolo e selezioniamo due o al massimo tre opzioni. Ragionevolmente, si tratta del sistema tedesco (per semplificare: proporzionale con sbarramento al 5%) e di quello francese (uninominale a doppio turno), più eventualmente un altro (lo spagnolo, per esempio). Chi dovrebbe sedere a questo tavolo? Qui sta alla sensibilità di chi prende l’iniziativa: si può andare dai soli segretari dei partiti ad un consesso più largo con anche i leader di gruppi e correnti, fino al massimo del plenum dei singoli parlamentari. E’ chiaro che si dovrà trovare una modalità che consenta di essere rappresentativi e al tempo stesso di procedere con celerità.

Infine il patto: una volta semplificato il quadro delle diverse opzioni, si va alla conta, sapendo che sul sistema che otterrà più consensi si orienteranno tutti, facendolo proprio. A quel punto si avrà una proposta condivisa che sia alternativa al porcellum, e la si presenterà al Paese. Se la legislatura prosegue, la si presenterà alle camere, sapendo che per tutti quelli che appartengono all’attuale maggioranza, finiani ma non solo, non ci potrà essere alcuna accusa di tradimento della volontà popolare espressa nelle ultime elezioni perché la questione della legge elettorale non faceva parte in nessun modo del programma comune di governo.

Se, invece, ci dovessero essere le elezioni anticipate a breve, averla presentata pubblicamente prima sarà la garanzia che su quella proposta potrà esserci una convergenza di forze parlamentari tale da rendere possibile un “governo di scopo” per far approvare la nuova modalità elettorale prima di andare effettivamente al voto.

Difficile? Sicuro. Ma non impossibile, se si prende una grande iniziativa politica per far capire che una stagione è finita e che per aprirne una nuova occorre finalmente adottare una legge elettorale seria, sperimentata in Europa. Certo, sento già le obiezioni che possono piovere. Per esempio Angelo Panebianco ci ha appena detto dalle colonne del Corriere della Sera che occorrono due condizioni perché una nuova legge sia seria: che non sia “contro” qualcuno e che non avvantaggi manifestamente nessuno.

Ora, intanto partiamo dal presupposto che togliere di mezzo una normativa che più sfacciatamente di parte non poteva essere, tanto che il ministro Calderoli che gli è padre l’ha giustamente ribattezzata una porcata, giustifica un’iniziativa politica così come l’ho descritta. Spero che almeno su questo il mio amico Panebianco voglia convenire. E lui avrebbe ragione di lamentarsi se il risultato di quel percorso fosse l’individuazione di una legge diciamo così “anti-berlusconiana”, una porcata al contrario tesa a far fuori il premier. Ma se invece fosse una legge di stampo europeo, perché mai ci si dovrebbe vergognare? Certo, se come fa Panebianco si parte dl presupposto che la legge di tipo tedesco – che non è affatto uguale al proporzionale della Prima Repubblica, e non solo per il metodo di calcolo ma per le altre regole che produrrebbe, a cominciare dalla sfiducia costruttiva – sarebbe una schifezza perché noi non siamo la Germania, allora abbiamo finito di discutere.

Primo perché, ripeto, non riprodurrebbe affatto il tanto vituperato passato (da lui, non da me), e poi perché per lo stesso principio si potrebbe dire che il maggioritario all’italiana non avrebbe gli stessi effetti di quello praticato in Francia o Gran Bretagna.

Invece, diciamo che hanno diritto di cittadinanza allo stesso modo quei sistemi che vantano lunghi periodi di sperimentazione e che magari, se un domani ci decidessimo a fare gli Stati Uniti d’Europa e dover quindi eleggere un parlamento federale usando tutti lo stesso metodo elettorale, potrebbero legittimamente candidarsi a diventare il sistema europeo prescelto. Poi vinca chi ha più consenso. E se sarà che vince l’uninominale, io che preferisco il proporzionale corretto sarò ben lieto di applaudire.

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