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Scambio di embrioni all'Ospedale Pertini

Amore e genetica

Ciò che è avvenuto al Pertini è un brutto pasticcio generato da un sistema sanitario demenziale e politicizzato

di Cesare Greco - 16 aprile 2014

Quello dell’Ospedale Sandro Pertini è un pasticcio brutto davvero. E’ un pasticcio le cui conseguenze non si esauriscono nell’errore di chi ha operato, ma vanno oltre, coinvolgendo vite e dilatando nel tempo le sue conseguenze. E’ un pasticcio che genera dolore e angoscia che continueranno a crescere negli anni seguenti coinvolgendo anche chi, oggi, è l’ignaro oggetto della tragedia. I fatti sono troppo noti per essere richiamati, mentre le conseguenze di quei fatti appaiono come un intrico di angosce, risentimenti al limite della follia e che, purtroppo, sarà il diritto delle aule dei tribunali, con tutta la sua fredda e, a volte necessitata, voyeuristica pignoleria, a cercare di sciogliere attraverso strumenti tutti da interpretare. Chi non conosce le procedure di un’inseminazione artificiale, non può capire la forza del desiderio di maternità che spinge queste donne a sottoporsi per mesi a terapie dolorosissime, spesso passando attraverso aspettative deluse, fallimenti e nuovi inizi. Per queste ragioni, come in tutti i campi della medicina in cui non ci si limita a somministrare con maggiore o minore diligenza una terapia, questo rappresenta un campo delicatissimo che finisce per coinvolgere, non solo la salute fisica della donna, ma le sue prospettive di vita e di realizzazione futura così come da lei immaginato e sognato; in sostanza tutto il suo complesso psicofisico. Per questo motivo non c’è e non può esserci spazio alla fretta, all’improvvisazione, alla sciatteria che spesso si accompagna alla routine.

Oggi, grazie a quella sciatteria, a quell’irresponsabile e criminale disordine, si trovano a confrontarsi due diritti: Il diritto genetico e il diritto dell’amore. In sostanza il genotipo e il fenotipo di un futuro individuo, ovvero, da una parte le caratteristiche di base dell’essere vivente e dall’altra la sua costruzione finale, determinata da come l’ambiente inteso nel più ampio senso del termine, interagirà con il patrimonio genetico.

Un figlio è l’espressione dell’incontro di due patrimoni genetici che si uniscono e ne determinano la caratteristiche di base, ma soprattutto rendono possibile l’inizio della vita. Ma la procreazione non è solo questo e non può esaurirsi a questo, va oltre, molto oltre e, forse è successivamente che inizia davvero. L’accrescimento dell’embrione, la formazione del feto fino alla sua nascita sono un fenomeno complesso e lungo nel corso del quale due esseri viventi, il figlio e la madre, entrano in una interconnessione così stretta da rappresentare ancora oggi uno dei grandi misteri e il più grande miracolo della natura. Il bambino vive perché nutrito dal sangue della madre, cresce e si sviluppa al ritmo del suo cuore, che finisce per rappresentare l’armonia di quel mondo caldo, ovattato e sicuro in cui si trova; ne sente il respiro, ne riconosce la voce. E già in questa fase, grazie ai segnali esterni e al comportamento della madre, inizia la costruzione del futuro individuo, sull’impronta del suo patrimonio genetico che certamente ne rappresenta i pilastri, ma indirizzato e rifinito da ciò che il mondo esterno vorrà riservargli. La madre lo avverte, lo sente ingrandirsi e dimostrare la propria vitalità, l’irrequietezza e la calma. E il distacco da quel mondo rappresenta il primo grande trauma per il neonato, ma la natura ha voluto che anche per la madre il distacco fisico dal figlio avvenisse con il più lancinante dei dolori, a volere suggellare quell’esperienza simbiotica. Sta di fatto che a causa della sciatteria di qualcuno, due bambini si trovino contesi tra una madre genetica, che ha fornito la cellula che, insieme a quella del padre, ha dato inizio alla loro vita, ne ha acceso la scintilla senza di cui non esisterebbero, e una madre in cui una mano distratta e irresponsabile li ha impiantati e che da allora li porta dentro, li farà crescere, li nutrirà, scandirà il loro tempo con il ritmo del proprio cuore e ne vivrà il distacco con immenso dolore.

Non voglio, e non posso, a questo punto entrare nel merito di una contesa delicatissima, complicatissima, dolorosissima e che non sarebbe neanche mai dovuta essere possibile. Ciò che però credo che si debba sottolineare con forza è il degrado di un sistema sanitario che questo episodio denuncia per l’ennesima volta. Ciò che è avvenuto al Pertini rappresenta la prevedibile conseguenza di un sistema sanitario che si è dimostrato demenziale e colpevolmente finalizzato solo agli interessi di una classe politica che ha avuto modo, in questi anni, di dimostrare tutta la sua qualità. Da una parte la pervasività della politica e delle sue clientele, dall’altra un sistema di rimborso che nasce con il sistema assicurativo americano per essere riadattato a un sistema di sanità pubblica nel quale erogatore della prestazione, pagatore e controllore sono rappresentati dallo stesso soggetto. Una follia? No, ben oltre la follia, una criminale furbata. In questo sistema, ogni amministratore nominato a rappresentare gli interessi del proprio politico di riferimento, ha ritenuto, probabilmente per dimostrare la propria grande capacità manageriale, di trasformare il proprio ospedale, la propria ASL in un centro di eccellenza, a prescindere da dimensioni, tradizioni, esistenza di esperienza della struttura e del personale, magari scelto non in base alle competenze scientifiche ma alle competenze politiche. Il Lazio rappresenta, non a caso, uno dei massimi esempi negativi in questo paese. Basti pensare che nel giro di una decina di anni, la città di Roma si è dotata di un numero di strutture di emodinamica e cardiologia interventistica, una delle eccellenze della cardiologia che necessita di personale ben addestrato, ben superiore a tutta la Danimarca, e questo perché in fondo faceva, come dire, fico, per il primario cardiologo e il suo direttore Generale avere anche una emodinamica (prezzo circa due milioni di euro chiavi in mano) con conseguente scadimento del livello generale di un tipo di prestazione che sta sostituendo molti interventi cardiochirurgici.

E’ evidente che così com’è stato concepito e realizzato il sistema non regge più e va rapidamente e radicalmente rivoluzionato (una riforma non basta). Altrimenti il caso del Pertini, con la classica chiusura della stalla dopo la fuga dei buoi, rischia di rappresentare solo uno dei tanti episodi di cui solo i cittadini contribuenti fanno e faranno le spese.

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