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Contro il piano della Ue

Allarme in banca

Secono l'accordo Ecofin, i correntisti sono chiamati a rimetterci nel caso in cui la loro banca fallisca.

di Davide Giacalone - 01 luglio 2013

Non per fare l’allarmista, ma sono allarmato. Il sommarsi del satanismo fiscale italiano e delle idee europee sui fallimenti bancari (in Italia rilanciate con superficialità estrema e trionfalismo a capocchia) gettano una luce spettrale sui nostri conti correnti. La materia è complessa, ma i tecnicismi servono solo a renderne inaccessibile la comprensione. La sostanza è che i correntisti, quindi tutti i cittadini che abbiano una anche solo minima attività economica o un lavoro o risparmi, sono chiamati a rimetterci nel caso in cui la loro banca fallisca. Significa che i soldi non sono più al sicuro. Si obietta: vale solo per i depositi superiori a 100 mila euro. Non è così: non solo il rischio diventa collettivo, ma impostando le cose in questo modo lo si rende concreto. Cipro non ha insegnato nulla.

L’accordo raggiunto a Ecofin (ministri dell’economia e della finanza dell’Unione europea) stabilisce che prima dell’intervento dei fondi europei, gestiti dall’Esm (meccanismo di stabilità europeo), in caso di fallimenti bancari devono prima risponderne i privati. Concetto giusto, cui mi piacerebbe aggiungessero il management, magari anche con restituzione dei premi milionari che sono soliti autoattribuirsi. Ma chi sono i “privati”? qui c’è la trappola. Sono: a. gli azionisti, vale a dire il capitale di rischio (giusto); b. poi gli obbligazionisti, vale a dire quanti prestarono alla banca il loro denaro, in cambio di un tasso d’interesse prestabilito (giusto, un po’ meno, ma ancora giusto); c. i correntisti con depositi superiori a 100 mila euro. E questo non è solo ingiusto, ma devastante. Capace di rovinare anche chi ha depositato solo 100 euro.

Tale previsione si basa su un principio classicamente accettato, ma concretamente falso, ovvero quello secondo cui chi apre un conto corrente crede di mettere i propri soldi al sicuro, in una banca, avendone sempre l’immediata disponibilità, ma, in verità, li sta prestando all’istituto di credito, con la promessa di averli indietro non appena lo chieda. Se presti troppo al soggetto sbagliato, quindi, è una tua colpa. E paghi. Solo che il presupposto è falso, giacché avere un conto corrente non è più una scelta, ma un obbligo. La stessa campagna contro l’uso del contante presuppone l’essersi piegati a quell’obbligo. Perché dovrei correre un rischio avendo fatto ciò cui lo Stato mi ha obbligato, oltre tutto minacciandomi di sanzioni anche penali? Poco male, si crede, perché la cosa riguarda solo i ricchi. Falso: intanto perché anche i ricchi sono sottoposti a quell’obbligo e l’essere ricchi non dovrebbe essere una colpa (se la ricchezza è accumulata lecitamente); poi perché un ricco onesto, che paga le tasse, i soldi per l’F24 li tiene sul conto corrente, sicché si suppone, nuovamente, che debba pagare per avere voluto adempiere a un obbligo imposto dallo Stato; ma, ed è questione decisiva, se comunico che sopra i 100 mila non c’è sicurezza il solo effetto che ottengo è l’immediato trasferimento di quelle somme verso banche e paesi che non comportino rischi, il che equivale a vedere immediatamente fallire tutte le altre banche, con travolgimento anche dei correntisti minuti. A Ecofin hanno messo in piedi una trappola mortale.

Se un cittadino o un’azienda hanno ottenuto un prestito da un milione e, in attesa di utilizzarlo, decidono di acquistare un’obbligazione di quella stessa banca, in virtù del trappolone Ecofin, in caso di fallimento, succede che il milione che ho investito lo perdo in buona parte, ma il milione di debito devo pagarlo tutto, e con gli interessi. Alla medesima banca. Una follia.

Quel meccanismo non funziona perché si ostina a non volere prevedere un prestatore di ultima istanza, vale a dire una banca centrale che copra il rischio non per le banche male amministrate, ma per i cittadini incolpevoli. Non coprendo quel rischio si dischiude l’abisso del rischio sistemico, vale a dire dell’implosione generale.

C’è un aspetto positivo, negli accordi di giovedì scorso, e consiste nel sottrarre alle autorità locali il controllo sulle banche che chiedano aiuto, attribuendolo alla Bce. Può bastare? No, per niente. Primo, perché i tedeschi non hanno ancora detto in modo chiaro che sottometteranno a questa regola le loro Landesbank. Secondo, perché in virtù del trappolone riusciranno ancora a nascondere la pericolosa sottocapitalizzazione delle loro grandi banche, visto che non pochi depositi lasceranno le banche spagnole, italiane o francesi, per riversarsi nelle filiali spagnole, italiane e francesi di quelle tedesche. Così procedendo non facciamo che covare un disastro incalcolabile.

Spero tanto di sbagliarmi, come spero che quell’accordo sia rivisto. Ma circondato da superficialità imperdonabili, sentendo parlare governanti che sono dei marziani, pur non amando l’allarmismo non posso che dirmi allarmato.

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