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La grande svolta, la grande novità…

Alfano segretario e Berlusconi presidente

Un’accoppiata più tattica che strategica per il “nuovo” PDL?

di Elio Di Caprio - 05 luglio 2011

Il potere logora anche chi ce l’ha e lo impiega male, soprattutto se sbaglia i tempi della politica. E’ già successo al renitente ( e pentito) cofondatore del PDL, Gianfranco Fini, che ancora si tiene stretta la carica di Presidente della Camera per ottenere almeno una visibilità costante, sembra che stia succedendo lo stesso al finora tempestivo Silvio Berlusconi che indica in extremis un segretario di partito come Angelino Alfano per dare una sferzata giovanilista simbolica ad un partito che nei fatti non è mai nato come organizzazione complessa.

Sarebbe però illogico e presuntuoso far finta di niente di fronte all’elezione- acclamazione del quarantenne Ministro, sponsorizzata, scelta e imposta dal settantacinquenne Presidente del Consiglio. Di questi tempi la monarchia è un governo possibile anche senza re e la scelta del delfino può ben competere a chi si è guadagnato sul campo il diritto assoluto di governare più che il Paese intero almeno il partito che ha fondato- pardon, il popolo della Libertà, quello dei gazebo - nato dall’intuizione geniale del “predellino” che all’inizio ebbe i riconoscimenti ammirati di un esponente della vecchia sinistra come Fausto Bertinotti.

Largo ai giovani, dunque, ai nuovi quarantenni che finalmente sembrano emergere più dalla nidiata di un centrodestra abborracciato che da una altezzosa sinistra che i quarantenni, come il sindaco di Firenze Matteo Renzi, non li cerca e caso mai li boicotta quando arrivano alle primarie.

Certo non basta essere quarantenni per esprimere idee nuove più adatte ai tempi, uno stile politico che unisca realismo e immaginazione (già il meno giovane Niki Vendola sembra concedere troppo all’immaginazione) avere la capacità di mediare con le vecchie generazioni senza farsi irretire da schemi superati relazionali e di linguaggio.

Ma contano senza dubbio le scelte dei tempi per far posto al nuovo o al presunto nuovo e questa volta, non siamo al predellino, la scelta del delfino da parte del Cavaliere – perché di questo ancora si tratta- avviene con enorme ritardo, non appare tanto azzeccata per i tempi scelti proprio in un periodo nel quale il centrodestra berlusconiano appare assediato e in riflusso dopo gli insuccessi elettorali che, a ben vedere, hanno sfiduciato insieme le classi dirigenti di governo ed opposizione che parlano di libertà nei loro simboli- popolo della libertà, sinistra e libertà, futuro e libertà- ma poi non sono capaci neppure di introdurre il mercato e la libera concorrenza nella scelta dei loro rappresentanti.

Il potere logora anche chi come il Cavaliere per anni si è racchiuso nel suo Palazzo-depandance (Grazioli) assieme al gran visir Gianni Letta a intessere la sua tela di potere sbarazzandosi via via degli alleati più pericolosi o scomodi, da Casini a Fini, e concedendosi solo qualche scorribanda all’estero assieme al fidato (?) Tremonti o qualche bagno di folla fuori dal Palazzo di giustizia a Milano, prontamente ripreso da televisioni compiacenti. Può durare ed essere credibile nel 2011 un potere che si regge sempre più sui giochi e i trabocchetti di palazzo, di partito e di clan a cui fanno da contrappeso i rituali videomessaggi berlusconiani “urbi et orbi” sulla giustizia e sui comunisti, tanto per essere al passo con i tempi di you tube?

Risulta sempre più chiaro che la vera sfida per Angelino Alfano catapultato in avanti dal suo promotore non sia tanto quella di reggere il confronto con chi l’ha designato ma con le logiche clientelari e di partito a cui il Cavaliere, eletto dal popolo, avrebbe voluto apparire estraneo senza riuscirci, pensando che bastasse designare un fantomatico triumvirato ( Verdini, La Russa, Bondi) per il disbrigo degli affari- tutti gli affari- correnti e riservando comunque a sè l’ultima parola sui problemi di maggiore interesse politico o editoriale.

E’ un quadro che andrà via via modificandosi anche nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione e in quanto tempo perché il PDL o un’altra formazione che rinascerà sulle sue ceneri possa arrivare più attrezzato ai prossimi appuntamenti elettorali? Sarebbe veramente straordinario che un giovane come Angelino Alfano assumesse nel PDL quel ruolo che Gianfranco Fini sconfitto aveva tentato inutilmente di ottenere per organizzare un partito vero e proprio dove si dibatte e non si lascia al solo “cofondatore” la responsabilità dell’immagine e dell’ultima parola. Ma si sa che l’attuale presidente del FLI era ed è considerato con disdoro, al pari di un D’Alema qualunque, un mestierante della politica, ormai vecchio rispetto al giovane Alfano, anche se meno vecchio dell’intramontabile Gianni Letta e dello stesso Presidente del Consiglio che ha collezionato ben 17 anni di politica attiva.

L’immagine che si vorrebbe accreditare nell’opinione pubblica con l’arrivo di un segretario neppure previsto dallo statuto del PDL è quella di un nuovo punto di partenza per risorgere o rinserrare le fila senza dover ricorrere all’ausilio di transfughi o “responsabili”. Compito difficilissimo se non impossibile senza l’aiuto (anche finanziario) del Cavaliere a cui tra l’altro sembra sfuggire- il potere logora veramente- che l’elezione di un meridionale doc come Alfano con pieni (?) poteri alla guida del PDL possa ulteriormente irritare la base leghista che tutto vorrebbe tranne che cimentarsi o confrontarsi con una dirigenza di impronta sudista o isolana del PDL. Chi si misurerà a questo punto con Bossi, Letta e Tremonti? Angelino Alfano in nome e per conto di un partito che non c’è e con quali poteri di ultima istanza? Sarà capace di allargare il gioco delle parti e sostituire il Cavaliere nei videomessaggi senza farsi imbeccare da lui su argomenti e slogans?

Tutto negativo dunque nella scelta del segretario del PDL? Certamente no se la sua elezione fosse la spia di un ravvedimento utile alla destra e alla sinistra, di un ricambio possibile almeno generazionale che mandi in soffitta un format plebiscitario fondato su una singola persona precostituita da anni come l’ avversario su misura di un’opposizione divisa e inconcludente che riesce a diventare antagonista solo sfruttando l’immagine dei Vendola, dei De Magistris, dei Di Pietro o magari dei Grillo no-tav.

Forse si è ancora in tempo per recuperare una normalità di dialettica politica per vie che sembrano all’inizio tortuose o velleitarie o per scelte ritardate o plebiscitarie come quella di Alfano a segretario del PDL. Dopo la recente svolta elettorale questo potrebbe ben risultare il primo o il secondo atto di un cambiamento possibile.

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