ultimora
Public Policy

Torna la passivity rule

Al via la nuova Opa

Approvato il decreto che ridisciplina l’offerta pubblica di acquisto

di Enrico Cisnetto - 21 settembre 2009

Il governo ha approvato venerdì un decreto legislativo che modifica la disciplina delle Offerte pubbliche di acquisto, ripristinando la passivity rule, l’obbligo, cioè, per la società-bersaglio di un’offerta pubblica di non contrastare l’iniziativa se non previa delibera dell’assemblea dei soci con il raggiungimento di particolari quorum. In precedenza, con legge approvata il 28 gennaio scorso, sul presupposto che la crisi avrebbe potuto rendere le società italiane facilmente scalabili soprattutto dall’estero, era stato soppresso l’obbligo della “passività” ed erano state adottate altre misure per accrescere le difficoltà di portare a termine eventuali tentativi di scalata. In sostanza, per ragioni presentate come di forza maggiore, l’istituto dell’Opa - volto a rendere possibile la contendibilità delle imprese, ad affermare la trasparenza nel mercato e a tutelare gli azionisti di minoranza – era stato depotenziato, sia pure con la prospettiva di ripristinare l’originaria normativa quando le condizioni dei mercati si fossero normalizzate.

Si trattava di una minicontroriforma che aveva ricevuto diverse critiche e che non considerava che, in base al principio di reciprocità a livello comunitario, un analogo sistema protettivo avrebbe tutelato un’impresa europea nel caso in cui una società italiana avesse voluto scalarla. Insomma, veniva assicurata protezione ai soggetti italiani, sottraendoli a una competitività passiva di origine soprattutto estera, ma li si privava della possibilità di competere attivamente all’interno e all’estero. Era stato singolare, e furbesco, il modo di introdurre il superamento della passivity rule, perché si prevedeva che le società che avessero voluto mantenere quella regola avrebbero dovuto espressamente indicarlo nei loro statuti. Naturalmente, nessuna società lo ha fatto, con il che implicitamente si è abrogata la norma della passivity.
br>Ora si è valutato che il peggio della crisi è passato, che i mercati stanno avviandosi verso la normalità - anche se sarebbe comunque assurdo abbassare la guardia - e che quindi si può tornare allo status quo della disciplina delle Offerte pubbliche. Ciò avverrà a decorrere dal prossimo 1° luglio. E’ una decisione saggia che evita la lunga vigenza di una normativa che avrebbe contribuito alla cristallizzazione dei gruppi di comando nell’asfittico capitalismo italiano – il quale di molto avrebbe bisogno, meno che di bardature e blindature che si affianchino ai patti di sindacato e alle piramidi societarie – e al disconoscimento delle ragioni dei soci di minoranza, con conseguenze ultime sul piano della competitività e dell’efficienza aziendale.

Se, però, la decisione del Governo è apprezzabile, molto meno lo è la struttura formale e sostanziale della nuova disciplina che lascia ampio spazio alla possibilità di non applicare la passivity rule, introducendo nello statuto della società deroghe parziali o totali, l’unica conseguenza di una tale decisione essendo quella di darne comunicazione a Consob e mercati. Nello stesso decreto si prevede l’attribuzione alla medesima Consob di un ampio potere regolamentare nel definire, in aggiunta ai casi indicati dalla legge come presunzioni, le ipotesi di acquisto di azioni in “concerto” ai fini dell’accertamento se scatti o no il superamento della soglia del 30 per cento della società scalata, che impone l’obbligo dell’Opa sulle restanti azioni. Un potere che lascia troppo spazio alla discrezionalità tecnica in una materia nella quale i criteri oggettivi e vincolanti andrebbero fissati con legge.

Si tratterebbe, dunque, di rivedere struttura formale e tecnica legislativa adottata. E, in ogni caso, di fare di questa pur ancora emendabile riforma il primo passo per una possibile organica revisione del Testo unico della finanza, alla luce delle trasformazioni intervenute da oltre dieci anni, per meglio tutelare risparmiatori e investitori e stimolare le imprese (nella forma societaria e quotate nei mercati regolamentati) sulla via della maggiore competitività e trasparenza.

Social feed




documenti

Test

chi siamo

Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.